QUANTI SONO E DOVE SONO
A Velletri (uno da 33mila tonnellate della Volsca Ambiente e Servizi Spa, municipalizzata del comunale di Albano, Velletri e Lariano, ed uno da 40mila tonnellate della Ecoparco); Ardea (33mila tonnellate, della Biovis); Pomezia (66 mila tonnellate, della Cogea); Aprilia (60mila tonnellate, Kyklos); Latina (50mila tonnellate della Recall Latina); Pontinia (30mila tonnellate della Easy Energia Ambiente ); Gallicano nel Lazio (40mila tonnellate, Comune di Gallicano); a Genazzano (uno da 30mila tonnellate della Marco Polo Engineering ed uno da 25mila tonnellate della Coop Edera, indagata per Mafia Capitale).
In tutto, dovrebbero trattare 407mila tonnellate di rifiuti “umidi” ogni anno. Una cifra abnorme, se si considera che Roma ne produce in media circa 470mila l’anno, con circa 2,8 milioni di abitanti. A tutto questa selva di impianti, si aggiungono più piccoli (fino a circa 10mila tonnellate annue) sui quali l’autorizzazione spetta alle Province che purtroppo non pubblicano le informazioni sui progetti in corso d’approvazione violando la legge sulla trasparenza. Il “bio” gas da rifiuti va distinto da quello ottenuto da mais o cereali, sieri di caseificio o deieizioni animali. Questi ultimi, infatti, compensano l’anidride carbonica emessa bruciando il gas estratto dai rifiuti, con le coltivazioni dedicate le quali assorbono la CO2.
MA DOV’è IL PORTA A PORTA?
Molti di questi impianti, secondo i proponenti, dovrebbero ricevere umido proveniente dalla raccolta differenziata porta a porta (prevalentemente scarti e avanzi alimentari), in realtà purtroppo ancora poco diffusa e radicata. Ma in realtà tra le “pieghe” dei progetti” si nasconde, più o meno esplicitamente, l’autorizzazione a ricevere e trattare anche fanghi di depurazione civile ed industriale, ovvero scarti delle fogne; fanghi di discarica, ovvero ciò che resta dei rifiuti urbani prima di essere sotterrati; ceneri e scorie di inceneritori e gassificatori; residui di impianti e processi industriali, eccetera eccetera. Tutta questa poltiglia di umido, mischiata indistintamente, viene tenuta per 3 settimane dentro grossi “digestori” ovvero, in parole povere, gigantesche camere di cemento armato, in assenza di aria e ad una temperatura di 70gradi.
I batteri “metanigeni”che si producono naturalmente “digeriscono” i rifiuti e sprigionano un gas molto sporco. Questo gas, a sua volta deve essere filtrato per poi essere bruciato per produrre elettricità o, in alternativa, raffinato per ottenere metano da autotrazione. In ogni caso, immettendo nell’aria sostanze nocive per la salute umana, per l’ambiente e per le coltivazione agricole. A cominciare dall’anidride carbonica, tra i principali responsabili dell’effetto serra. Poi, ai costi ambientali ed igienico-sanitari si aggiungono anche quelli economici per l’intera collettività, visto e considerato che l’energia elettrica o il metano prodotto da questi impianti viene strapagata dallo Stato con sussidi pubblici scaricati sulle bollette elettriche di tutti i cittadini, con guadagni extra che sfiorano il 155% in più rispetto al prezzo medio del mercato. Per questo motivo, poco importa la natura del proponente: società pubblica, privata o in forma mista.
I facili “guadagni” provenienti dall’incentivazione pubblica fanno gola a tutti, indipendentemente che si tratti di Amministratori pubblici o soggetti privati (che fanno impresa coi soldi pubblici). È così che ognuno cerca di prevalere sugli altri.
NUOVO PIANO RIFIUTI REGIONALE FANTASMA
Tra l’altro, si tratta di “operazioni” imprenditoriali e industriali, a volte spregiudicate, che avvengono in assenza di un Piano dei Rifiuti regionali. Si tratta del documento che dovrebbe “imporre” una sorta di “strategia d’insieme” al numero ed alla tipologia di impianti industriali dedicati al trattamento dei rifiuti sul territorio regionale.
Il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e l’Assessore delegato ai rifiuti, Michele Civita, promisero pubblicamente in conferenza stampa il 13 dicembre 2013 che entro al massimo primavera del 2014 sarebbe sbarcato al Consiglio Regionale. Così, purtroppo, non è. È per questo che l’arrivo di questa vera e propria pioggia di impianti a cosiddetto “bio” gas sembrerebbe più che altro destinata alla mera speculazione economica e non alla soluzione del problema rifiuti. Ma dovranno essere ancora una volta i cittadini, come avvenuto recentemente ad Albano per il noto inceneritore, a dover “convincere” gli Amministratori pubblici a seguire la strada giusta, e non quella indicata loro dalla ben note lobby del settore rifiuti. Una importante alternativa davvero “bio” è il compostaggio di comunità (vedi articoletto qui vicino) riconosciuta anche dall’Enea.
Quando arriverà il nuovo, annunciato Piano rifiuti regionale? Lo abbiamo chiesto a Michele Civita delegato regionale ai rifiuti, durante uno dei tagli di nastri dei nuovi treni che è venuto ad inaugurare, mentre non riesce a trovare tempo di incontrare cittadini e amministratori locali che lo reclamano, lo invitano, lo sollecitano. «Stiamo procedendo a pezzi», ci ha risposto. Stiamo a pezzi, appunto.