Il Piano Integrato “Porta Nord” nasceva per dare risposta alle esigenze abitative delle categorie meno protette. Come strumento applicativo del piano regolatore, un Piano integrato come quello che ha dato origine al progetto Porta Nord è diverso dai tanto menzionati Ppe (Piano Particolareggiato di Esecuzione). In questo caso si tratta di una riqualificazione edilizia, urbana ed ambientale e, tipicamente, è di grande interesse, vista la sua natura di riqualifica, per l’edilizia residenziale pubblica. La Porta Nord prevede 66.500 metri cubi, in totale, tra residenze e servizi, il tutto disposto in una superficie di sette ettari che costeggiano l’argine nord del Canale delle Acque Medie, che viene scavalcato da due ponti, uno ciclopedonale e uno stradale, che idealmente fanno abbracciare due quartieri: quello tutto da edificare del Pantanaccio e quello tutto da riqualificare di Villaggio Trieste. Il vecchio e il nuovo che si incontrano, l’uno (Porta Nord) con una serie di finanziamenti provenienti dalla Regione e alcuni finanziamenti ministeriali di vecchia data (il più “antico” è del 1997) che ammontano in totale a 9,5 milioni di euro circa. Sommandoli agli altri 10 milioni di euro che sono pendenti, appesi ad un filo del Tribunale amministrativo per la riqualifica del Villaggio Trieste, ci sono in ballo quasi 20 milioni di euro. Praticamente, due Plus della Marina di Latina. Eppure, là dove i cantieri sono aperti (per un momento solo un terzo della cubatura prevista è in piedi) si evidenziano ritardi, aumenti dei costi, urbanizzazioni non finite, scomparse dai successivi progetti o del tutto assenti. In particolare, il lotto in cui costruisce la Massacci va male ma lavora a ritmo continuo per recuperare. L’azienda ha richiesto proroghe per problemi meteorologici lo scorso anno ed ha ottenuto anche la sospensione parziale del cantiere per un sottile cavo dell’Enel che da anni attraversa il canale e che sta proprio sul percorso del ponte ciclopedonale in legno che per questo motivo non si sarebbe fatto. La direzione dei lavori dice che il cavo non è stato spostato, nonostante note ufficiali tempestive, per via della lentezza dell’Enel. Secondo l’Enel invece – parere espresso con una nota ufficiale alla redazione del quotidiano “Il Giornale di Latina” – le comunicazioni non sarebbero state poi così tempestive e ha declinato ogni responsabilità dell’azienda elettrica per i ritardi. Piccolezze edilizie se si pensa invece alla procedura espropriativa, che lascia più di qualche perplessità. L’Ater, per poter costruire nei lotti, ha pagato profumatamente. Più di 370 mila euro per uno dei due lotti (cifra che, in relazione alla cubatura disponibile rompe il tetto di spesa previsto dalle norme dell’edilizia pubblica, secondo lo stesso commissario dell’ente Fabrizio Ferracci) e una seconda procedura di acquisizione di quasi 900 mila euro. Ma fare il calcolo del dato e dell’avuto tra Ater e Comune è molto complicato. Ma in definitiva, il Comune si è trovato con circa 1,7 milioni di euro per procedere ad espropri delle aree, cedendo in cambio aree all’Ater che ha pagato di certo più di un milione di euro, affrettandosi a pagare anche licenze edilizie e oneri concessori per poi non costruire niente. L’Ater alla Porta Nord (il suo unico intervento “costruttivo” a Latina da anni) dal 2004 ad oggi non ha messo un mattone sull’altro. Alcune licenze edilizie son perfino scadute. Ma c’è di più: il Comune ha registrato maggiori costi per materiali nel lotto con il ponte ciclopedonale nel quale costruisce Massicci per 350 mila euro, su un appalto da più di quattro milioni di cui 2,5 milioni sono per la palazzina. Il Comune ora vorrebbe pagare quelle opere in più con i soldi dell’Ater, ma può farlo solo se l’Ater e la Regione lo riterranno opportuno. Se non sarà così, i maggiori costi toccheranno alle esangui casse comunali. Ma non finisce qui, perché la maggior parte dei soldi che il Comune avrebbe usato per espropriare terre al Pantanaccio (1,7 milioni, gran parte dell’Ater) sono stati usati per espropriare un terreno che il Comune inizialmente non aveva registrato “di interesse pubblico” e per tanto non assoggettabile ad esproprio. Ma poi, interviene nel piano usando un milione di euro per pagare questo lotto che prevede, come destinazione urbanistica, 20 mila metri di concessione a servizi generali. In pratica, negozi, commerciale e servizi di quartiere. Un vero tesoro, in un piano in sviluppo. La pensa così anche la Saf la società che ha fatto causa al comune per più di 5 milioni di euro di danni per aver espropriato sotto costo i terreni. Un contenzioso che può avere conseguenze tremende nefaste per le casse del Comune, così come tutti conteggi di questo intricato piano che era partito per dare casa a chi ne aveva bisogno ed oggi, avvinghiato com’è alle casse del Comune, rischia di mettere in pericolo la già complessa situazione economica dell’ente, fino al dissesto. Così come molti altri temi (urbanistici) e molto di più di qualsiasi costruttore che potrebbe aver costruito una singola palazzina al di fuori della norma, in uno qualsiasi dei tanti scandali dei Ppe di Latina.
23/07/2015