L’esposizione di Andreocci, come esplicita il titolo, è stata ideata proprio intorno al concetto di Transfer, ossia passaggio, trasformazione, intervento in post produzione di opere realizzate in precedenza dall’artista, che subiscono una manipolazione tecnica attraverso l’utilizzo sia di strumenti tradizionali come il disegno, la matita, sia all’impiego di dispositivi digitali, sia, infine, a una combinazione tra i due. Grazie alla vastità dei mezzi e alla perizia dei loro impieghi, all’interazione dunque di tecnica, mano dell’artefice e macchina (software), l’artista mostra come dall’opera di partenza originale possano nascerne nuove, dove il carattere di serialità industriale su cui si fondava la Pop Art convive con la diversità più propriamente artistica.
Il transfer, applicato dall’artista a quattro progetti centrali della sua vasta produzione, ossia le prospettive di derivazione albertiana, le archeologie industriali della personale “Cattedrali di Memorie” (Pinacoteca Comunale, MAD 2010) ciclo di disegni ora riportati su alluminio, Le Violon d’Ingres di Man Ray, dà vita a cangiamenti pittorici, di luce, cromatici, di rilievo, sfumature; il cambiamento, la trasformazione, è elemento basilare della creazione e della creatività, e investe tutte le caratteristiche della composizione, facendoci toccare con mano il carattere vitale dell’arte, le sue infinite potenzialità sfruttate dall’artista.