Si tratta di un impianto a destinato a ricevere 240mila tonnellate di immondizia all’anno da trasformare in metano. L’immondizia arriverà tutta da Roma.
Parliamo di una sorta di gigantesca fabbrica che tratterà prevalentemente umido, ovvero avanzi alimentari e sfalci erbacei, ma anche scarti di aziende e industrie di vario tipo (carta ed altri non meglio identificabili), fanghi di depurazione delle fogne, rifiuti vegetali e percolati solido/liquidi di deiezioni animali.
Copia del mastodontico progetto è stata depositata presso l’Area Rifiuti della Regione Lazio in pieno periodo natalizio, il 28 dicembre scorso.
A 2 KM DAL CENTRO DI POMEZIA
L’area destinata ad ospitare l’impianto ricade nel territorio del Comune di Roma, ma a circa due chilometri in linea d’aria dal centro storico di Pomezia e dalla stazione ferroviaria di Santa Palomba e a meno di tre km da Pavona, la popolosa frazione per metà di Albano e per metà di Castel Gandolfo. È destinato a produrre 74mila tonnellate all’anno di compost, una sorta di ammendante, 65 chilowatt l’ora di elettricità, quanta ne consumano mediamente 25 appartamenti, e circa 9 milioni e mezzo di metri cubi l’anno di “bio”metano sporco, da raffinare in loco per rivenderlo sul mercato. L’azienda occuperà 100 ettari, quanto 200 campi di calcio di serie A.
A qualche centinaio di metri, in territorio di Pomezia (località Torre Maggiore), è previsto un altro ‘bio’gas della Co.Ge.A., da 66mila tonnelate di rifiuti l’anno, già pre-autorizzato dalla Regione.
A VOLTE… RITORNANO
L’inceneritore più grande d’Europa (190mila tonnellate l’anno di rifiuti) che il re dei rifiuti Manlio Cerroni con Ama e Acea voleva fare ad Albano – confine con Area e Pomezia – probabilmente non si farà.
Ma il Gruppo Cerroni non sembra aver abbandonato la voglia di certi primati. Difatti, a proporre questo nuovo colossale impianto è la società Pontina Ambiente srl, proprietaria della discarica di Albano, di fronte Villaggio Ardeatino, dello stesso Cerroni, arrestato a gennaio 2014 ed ora sotto processo perché accusato dalle procure della Repubblica di Velletri e Roma di aver costituito una associazione a delinquere finalizzata al controllo del ciclo regionale dei rifiuti.
ACCERCHIATI DAI RIFIUTI
Il progettista del “bio-mostro” è l’ingegnere Gian Mario Baruchello, secondo cui “non risulta che nelle aree limitrofe o nelle immediate vicinanze vi sia la presenza di altri impianti – così dichiara nelle carte – e pertanto non vi è possibilità di interferenza ne cumulo con altri progetti”. In realtà, in zona sono previsti almeno altri due impianti dello stesso tipo. Quello più vicino è stato progettato da lui e da sua moglie, l’ingegner Carla Carnieri. Si tratta di un “bio” gas da 66mila tonnellate all’anno di umido che verrà costruito nel cuore produttivo di Pomezia, nei pressi di Santa Palomba. Ad agosto scorso ha ricevuto dalla Regione un pre-avviso di via libera alla costruzione. Inoltre, di recente è stata approvata dal Comune di Ardea anche un‘altra fabbrica a “bio” metano da 117mila tonnellate all’anno di rifiuti che verrà costruita in località Tor di Bruno, sulla via Ardeatina, a due passi da Roncigliano e dal depuratore dei Castelli Romani. Questi tre impianti, che sorgeranno nella stessa zona, potranno ricevere ben 423mila tonnellate all’anno di umido. Mentre gli otto Comuni dei Castelli limitrofi (Albano, Ariccia, Rocca di Papa, Marino, Castel Gandolfo, Genzano, Lanuvio e Nemi) più Ardea e Pomezia, clienti-utenti della stessa società proponente, ne producono in totale non più di 25mila tonnellate l’anno.
POCHI GIORNI PER OPPORSI
I cittadini, le associazioni, i comitati territoriali ed i Comuni interessati – tra cui principalmente quelli di Pomezia, Albano e Castel Gandolfo – hanno tempo fino a venerdì 26 febbraio per opporsi depositando le proprie osservazioni tecniche presso l’Ufficio V.I.A. (Valutazione d’impatto ambientale) della Regione Lazio, presso il Settore Rifiuti dell’Area Metropolitana e del Comune di Roma. Cittadini e Comuni possono chiedere che la fase burocratica della consultazione V.I.A. “avvenga mediante lo svolgimento di un’inchiesta pubblica per l’esame dello studio d’impatto ambientale, dei pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni, e delle osservazioni dei cittadini, senza che ciò comporti interruzioni o sospensioni dei termini per l’istruttoria”. Lo stabilisce l’art. 24 comma 6 delle legge 152 del 2006. In pratica, si può portare il progetto fuori dalle stanze dei burocrati ed avviare su di esso una consultazione pubblica.
Intorno al maxi impianto per estrarre metano dai rifiuti romani, “saranno realizzate strutture agricole per un totale di 100 ettari (200 campi di calcio di serie A, ndr). Sorgeranno serre, colture ortive, frutteti, seminativi e fasce arboree”. In particolare “uliveti, vigneti a denominazione di origine controllata (DOC); ortive intensive (finocchio, cavolfiore, broccolo, pomodoro, zucchina); impianti serricoli (fragole); coltivazioni estensive di graminacee e foraggere […] e di superficie verde alberata”. Quei campi, secondo il progetto “bio”metano di Pontina Ambiente tra Pomezia e Pavona, verranno cosparsi del compost derivato dal trattamento dell’immondizia e dei rifiuti industriali dall’impiatno stesso. I prodotti ortofrutticoli – dice il progetto – sono “destinati alla vendita all’interno dello spaccio aziendale, al dettaglio e all’ingrosso”. Faranno concorrenza alle aziende agricole della zona?
I fautori di questi progetti dicono che produrrebbero “compost di qualità”, una poltiglia che farebbe bene ai terreni agricoli. Stimate Autorità Sanitarie sostengono che gli impianti a “bio” metano e “bio” gas producono elementi chimici nocivi per la salute e per l’ambiente. Ma anche grosse quantità di percolati, liquidi che scolano dai rifiuti umidi, e filtri per la depurazione del metano, entrambi rifiuti speciali.
E pensare che esiste un progetto locale, ad impatto zero, per trattare tutto l’umido proveniente dalla raccolta differenziata porta a porta che produce fertilizzante di qualità. Prevede di utilizzare solo compostiere domestiche e di comunità, i contenitori più o meno grandi dentro cui avviene il processo naturale di decomposizione organica. Ne ha parlato a dicembre il Presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri, nel corso di un convegno organizzato dalla Facoltà di Ingegneria dell’Università Sapienza, distaccamento di Latina. «Come imprenditori agricoli – ha spiegato – vogliamo sapere cosa spargiamo sulle nostre culture e se è davvero un fertilizzante pulito e biologico quello con cui concimiamo il cibo che poi mangerà la gente. Perciò, con le compostiere curiamo noi stessi e, insieme, l’intera filiera e siamo tutti più tranquilli. Il nostro progetto è stato già depositato in Regione Lazio», ha concluso il leader degli agricoltori illustrando il progetto di compostiera di comunità che sta portando con circa 150 imprese agricole dei Castelli Romani, di Aprilia e Cisterna di Latina. Chissà che progetti ha il nuovo assessore all’ambiente regionale, Mauro Buschini, per l’umido di Roma? Presto lo sapremo. Intanto, la prossima mossa spetta agli amministratori locali: Pomezia, Albano e Castel Gandolfo.