Bisogna portare interamente in mano pubblica, cioè dei Comuni che ne sono già soci, l’intero capitale sociale di Acqualatina: non c’è altra soluzione “per migliorare sempre di più il servizio reso agli utenti”. Sembra il titolo di uno dei tanti comunicati prodotti in questi anni dai comitati per l’acqua pubblica e dai fautori dei referendum del 12 e 13 giugno 2011. Invece è la parte finale di una nota inviata alla stampa nei giorni scorsi dall’attuale Sindaco di Fondi, Salvatore De Meo.
Allo stesso obiettivo sono riferite le ultime dichiarazioni del senatore Claudio Fazzone da Fondi, da anni “rais” della società prima come presidente (incarico lasciato a seguito di una procedura di decadenza per incompatibilità con il seggio parlamentare) e poi per interposta persona, anch’essa di Fondi. Ma che cosa ha determinato questa vera e propria conversione sulla Via di Damasco negli esponenti politici che fino a ieri hanno difeso a spada tratta ogni decisione del socio privato di Acqualatina? Risposta: il fatto che la multinazionale francese Veolia ha deciso di mollare definitivamente la presa cedendo le proprie quote sociali in Acqualatina ad Acea.
ASSE FONDI – ROMA – PARIGI
Un passo che era nell’aria da tempo e che il Caffè aveva anticipato e documentato da un bel pezzo (vedi n. 274 del 26 settembre 2013). Inoltre il fatto che dovesse essere proprio questa società a gestire l’intero servizio idrico del Lazio era già stato stabilito da un accordo dei vertici della stessa Acea con i francesi di Suez-GdF, fin dall’agosto del 2001, con l’avallo politico della maggioranza allora al governo nella Capitale: avallo che ha sua volta aveva avuto il benestare dei maggiori partiti presenti in Parlamento, sia del centro-destra che del centro-sinistra. Acea infatti è una società quotata dal 1999 alla Borsa Valori di Milano ed è controllata dal Comune di Roma con il 51% delle azioni: i suoi principali azionisti privati sono il gruppo facente capo a Francesco Gaetano Caltagirone (suocero di Pierferdinando Casini) e la stessa Suez-GdF, l’altra multinazionale francese molto attiva al livello mondiale, come Veolia, nei settori dei servizi idrici e dello smaltimento dei rifiuti.
NUOVI PADRONI, NUOVI POLITICI
Se Veolia vende, come ormai pare scontato, il suo 49% ad Acea cambia quindi anche il referente politico di Acqualatina (che diventa il PD) ed è questo fatto che non garba agli esponenti di Forza Italia. Gli stessi che proprio alla vigilia del passaggio delle quote si sono prodigati nell’ennesima lottizzazione del CdA della società, portando a casa tutte e tre le nomine che spettano ai soci pubblici. Un fatto che conferma come questa “conversione” in favore della ri-pubblicizzazione di Acqualatina da parte di Forza Italia non è altro che una mossa tattica: nel nuovo CdA infatti siederanno i tre componenti forzisti per la parte pubblica e i due esponenti graditi al PD per la parte privata. Ma se gli attuali equilibri tra le coalizioni dovessero cambiare con le prossime elezioni amministrative previste a giugno di quest’anno, come è probabile che accada, cambieranno anche i rapporti di forza per il governo della società. Anche per questo motivo i partiti del centro – destra, dopo essersi scannati e accusati reciprocamente nei mesi successivi alla sfiducia comminata ai Sindaci di Latina e Terracina, stanno tentando di rammendare un accordo politico senza il quale sarebbero spacciati già in partenza. Non a caso tutti i partiti che si sono spartiti in questi anni le poltrone di Acqualatina, incluso il PD, percepiscono nettamente il pericolo rappresentato dal M5S e dalle liste della società civile.
Acqualatina ha oltre 220 milioni di debiti, mentre è ormai passata quasi la metà dei 30 anni di durata della concessione per la gestione del servizio idrico nell’ATO 4 (scade nel 2032). In base alla legge, se non intervengono accordi diversi all’atto della vendita, chi compra le azioni di una società, anche se solo in parte, dovrà poi rispondere ai creditori. I debiti di Acqualatina attualmente stanno facendo da “sottostante” a prodotti finanziari derivati di cui nessuno oggi conosce i potenziali sviluppi. Probabilmente è quello che stanno cercando di capire i dirigenti di Acea nella trattativa attualmente in corso.
Già nel 2009 l’allora Sindaco di Terracina Stefano Nardi (cognato dell’ex Sindaco di Latina Vincenzo Zaccheo) ipotizzò che i Comuni comprassero le quote sociali di Veolia in Acqualatina. Fu proprio il senatore Fazzone a rispondere che non si poteva fare perché sarebbe costata troppo: oltre 63,3 milioni di euro. In base ai nostri calcoli, invece, si trattava di un vero e proprio affare per i cittadini perché ogni utenza avrebbe pagato tra i 200 e i 400 euro in tutto. Soldi che sarebbero stati caricati comunque nelle bollette attraverso la cosiddetta quota fissa e le altre stangate poi puntualmente accollate agli utenti. Oggi fare la stessa cosa costerebbe almeno il doppio.
“Acea ist gut…” (“Acea va bene…”). Questo deve aver detto Angela Merkel, colei che in ultima istanza ha il diritto di approvare le cessioni delle quote di Veolia all’Acea. In base al contratto di finanziamento “no recourse” (senza ricorsi giudiziari) per 114,5 milioni di euro concesso dalla Depfa Bank ad Acqualatina, l’istituto di credito tedesco, che ha sede legale in Irlanda, ha in pegno il 49% delle quote societarie di Veolia. Di conseguenza ha il diritto di approvare o meno, tra le altre clausole, la vendita di tali azioni. La Depfa Bank è stata incorporata, proprio alla vigilia dello scoppio della crisi finanziaria del 2008, dalla Hypo Real Estate Bank, la quale si è così trovata in pancia una quantità letale di titoli tossici legati ai prodotti finanziari derivati. Per salvare l’intero castello di denaro di carta costruito con questi titoli, il governo tedesco ha di conseguenza nazionalizzato Hypo con una massiccia iniezione di liquidità. Da qui il potere decisionale finale della cancelliera Merkel.