Pur restando notoriamente “il mestiere più antico del mondo”, quella della prostituta è un’attività in continua evoluzione che riesce a testimoniare anche gli stessi cambiamenti sociali. Anzi, forse è proprio il paradosso di essere così trasversale ad ogni epoca che rende questo “mestiere” una sorta di cartina di tornasole delle evoluzioni sociali. Anche a Pomezia, dove le istituzioni proseguono le attività di contrasto al meretricio – l’ultima avvenuta solo la scorsa settimana in un “blitz” congiunto di Carabinieri e Polizia locale tra Santa Palomba e le altre vie consolari che attraversano il territorio comunale – le “ragazze di strada” oramai vivono un altro rapporto con la scelta di vendere il proprio corpo.
Prima, infatti, le stesse forze dell’ordine nel gestire questo tipo di fenomeno erano “costrette” a confrontarsi con tutta una serie di effetti collaterali che configuravano reati penali, e quindi chiedevano maggiore impegno verso un esercizio umano vecchio come il mondo e difficile da arginare. Aspetti che oggi si sono alleggeriti grazie ai cambiamenti normativi. Anzitutto, le strade del territorio comunale sono quasi esclusivamente appannaggio di donne di carnagione chiara, quasi completamente provenienti dall’Est europeo. Un divario tanto evidente che non esisteva fino a qualche tempo fa, anche se le donne nordafricane continuano a prostituirsi magari in luoghi più somiglianti a “ghetti” a loro dedicati. Questo avviene perché il cambiamento delle normative europee, sul libero movimento dei cittadini continentali tra le Nazioni che fanno parte dell’Unione, ha favorito una sorta di grande esodo di queste ragazze. Questo tipo di facilitazione era prima sconosciuto: le donne, infatti, venivano perseguite penalmente se non erano in possesso dei documenti per l’espatrio in Italia. Un dovere che oggi devono assolvere, come detto, solo quelle donne che provengono da altri continenti, come ad esempio le africane. È proprio questo particolare aspetto che ha fatto sì che anche il reato più grave, quello dello sfruttamento della prostituzione, si sia ridimensionato fortemente al ribasso, quasi fino a scomparire. Perché era proprio la promessa del malvivente di turno, di portare queste giovani ma povere donne in Paesi più sviluppati come l’Italia, per un futuro migliore – ma ovviamente senza documenti – che poi le trasformava in vittime succubi dello sfruttatore di turno. Oggi vige la libertà di scelta e di autonomia anche economica, che permette loro di occupare tante case in affitto tra Pomezia e i Comuni limitrofi, che possono a volte diventare come delle case di appuntamento dove ognuna gestisce se stessa. È chiaro che la strada consente di scegliere il punto di maggiore transito e il target di mercato che si intende attrarre. In più, c’è da aggiungere che anche il reato di atti osceni è stato depenalizzato. Resta la preoccupazione, come si vede in altri Comuni non troppo lontani, che i luoghi dove prostituirsi si avvicinino al centro cittadino. Per ora Pomezia può ritenersi ancora un Comune con zone ben circoscritte dove questo fenomeno si sviluppa. Il disagio dei cittadini che risiedono in queste aree, normalmente periferiche, dove i clienti si sentono meno “esposti”, è evidente e comprensibile. Tuttavia, va detto che di questi tempi è quasi una rarità.
Prima, infatti, le stesse forze dell’ordine nel gestire questo tipo di fenomeno erano “costrette” a confrontarsi con tutta una serie di effetti collaterali che configuravano reati penali, e quindi chiedevano maggiore impegno verso un esercizio umano vecchio come il mondo e difficile da arginare. Aspetti che oggi si sono alleggeriti grazie ai cambiamenti normativi. Anzitutto, le strade del territorio comunale sono quasi esclusivamente appannaggio di donne di carnagione chiara, quasi completamente provenienti dall’Est europeo. Un divario tanto evidente che non esisteva fino a qualche tempo fa, anche se le donne nordafricane continuano a prostituirsi magari in luoghi più somiglianti a “ghetti” a loro dedicati. Questo avviene perché il cambiamento delle normative europee, sul libero movimento dei cittadini continentali tra le Nazioni che fanno parte dell’Unione, ha favorito una sorta di grande esodo di queste ragazze. Questo tipo di facilitazione era prima sconosciuto: le donne, infatti, venivano perseguite penalmente se non erano in possesso dei documenti per l’espatrio in Italia. Un dovere che oggi devono assolvere, come detto, solo quelle donne che provengono da altri continenti, come ad esempio le africane. È proprio questo particolare aspetto che ha fatto sì che anche il reato più grave, quello dello sfruttamento della prostituzione, si sia ridimensionato fortemente al ribasso, quasi fino a scomparire. Perché era proprio la promessa del malvivente di turno, di portare queste giovani ma povere donne in Paesi più sviluppati come l’Italia, per un futuro migliore – ma ovviamente senza documenti – che poi le trasformava in vittime succubi dello sfruttatore di turno. Oggi vige la libertà di scelta e di autonomia anche economica, che permette loro di occupare tante case in affitto tra Pomezia e i Comuni limitrofi, che possono a volte diventare come delle case di appuntamento dove ognuna gestisce se stessa. È chiaro che la strada consente di scegliere il punto di maggiore transito e il target di mercato che si intende attrarre. In più, c’è da aggiungere che anche il reato di atti osceni è stato depenalizzato. Resta la preoccupazione, come si vede in altri Comuni non troppo lontani, che i luoghi dove prostituirsi si avvicinino al centro cittadino. Per ora Pomezia può ritenersi ancora un Comune con zone ben circoscritte dove questo fenomeno si sviluppa. Il disagio dei cittadini che risiedono in queste aree, normalmente periferiche, dove i clienti si sentono meno “esposti”, è evidente e comprensibile. Tuttavia, va detto che di questi tempi è quasi una rarità.
25/05/2016