Hanno raccolto i tanti oggetti che hanno comprato di tasca propria in questi ultimi mesi di lavoro, hanno chiuso ogni tapparella e portato con sé le foto a cui tengono di più e poi staccato i contatori. Hanno percorso il lungo viale asfaltato che hanno tenuto pulito con le loro forze e quelle dei genitori dei loro ospiti speciali e poi si sono chiuse dietro di sè il cancello, su cui è ancora appeso il cartello, fatto rigorosamente a mano, che indica l’ingresso della struttura. Sono le operatrici del centro decentrato Sant’Alessio, inaugurato nel settembre del 2011. Quel centro, il 9 giugno scorso, ha chiuso i battenti, non si sa per quanto tempo, per mancanza di fondi. Il tutto con buon pace dei circa venti ospiti, tutti con multi disabilità oltre alla cecità, che avevano trovato nel centro un luogo familiare dove fare riabilitazione, attività ricreative e dove, semplicemente, essere amati. Un vero e proprio sollievo anche per le famiglie che ora saranno costrette a trovare un’altra sistemazione, ovviamente a pagamento. Senza contare che quel centro è l’unico, a livello provinciale, pensato proprio per rispondere alle esigenze di questi utenti non vedenti. L’organizzazione mondiale della sanità ha definito la cecità un problema prioritario per i Servizi Sanitari di tutti i Paesi. D’altronde la perdita della vista rappresenta una delle patologie più difficili da affrontare per un essere umano. Spesso, soprattutto nel corso degli ultimi decenni, alla cecità si aggiungono altri problemi che vanno a costituire quella condizione che tecnicamente viene definita di pluridisabilità. Dietro a importanti termini tecnici si celano persone, spesso giovanissime, che insieme alle loro famiglie cercano di uscire da un isolamento sociale dovuto a mancanza di infrastrutture, adeguato sostegno ma anche poca conoscenza e accettazione del fenomeno. L’unico ente pubblico a far fronte a tali problemi (l’uni soggetto in generale che può contare su specialisti in grado di far fronte alle esigenze di un non vedente che sono spesso del tutto peculiari rispetto alle alte disabilità) è il centro regionale Sant’Alessio. Un centro che fornisce diversi servizi: abilitativi, riabilitativi, educativi ma soprattutto assistenziali. Nel centro lavorano quattro operatrici che, con fondi sempre più esigui, organizzano diversi laboratori e assistono in modo amorevole gli ospiti. Si è stimato che per tenere aperto un mese il centro potrebbero bastare cinquemila euro. Nessuno pare sia stato in grado di trovarli.
15/06/2016