«Noi siamo stati miracolati, il Signore ci ha avvolto tra le sue braccia, non vedo altre spiegazioni – racconta – Essere impotente, sbattuto qua e là senza vedere nulla, nel buio più totale, sentire solo le tue urla e quelle dei vicini, io che cercavo di coprire Alessandra dai detriti, col mio corpo, mentre mi sentivo sprofondare in un abisso e sentivo pietre e calcinacci colpirmi ovunque…». 60 secondi, poi il silenzio, poi di colpo grida di aiuto: Alessandra, la madre e la zia rispondono, sono vive.
«Quando alzo la testa capisco di trovarmi a penzoloni tra il terzo e il secondo piano, che mi sorreggo al letto che è in bilico di traverso e non capisco come si regga ancora; rischio di trascinarmi giù anche Alessandra e non so come riesco in qualche modo a tornare sul letto. “Non ti preoccupare che usciamo da qui”, cerco di tranquillizzarla ma non so nemmeno io come fare, poi alzo la testa e vedo un filo di luce, è la finestra della nostra camera. Raggiungerla significherebbe essere salvi, è la nostra unica possibilità, quindi col piede cerco un appoggio sul muro per cercare di raggiungerla, ma so che sarà difficile; trovo un appoggio tra i detriti e spingendomi con le braccia raggiungo non so come la base della porta finestra che incredibilmente non è crollata, trovando non so dove le forze per spingermi fin lassù, io che non sono proprio un braccio di ferro».
Mirko rompe il vetro, esce sul balconcino ancora intatto e tende il braccio alla fidanzata per farla uscire. Alessandra strappa un lenzuolo che era steso fuori e crea una specie di corda per calarsi: «qui mi rendo conto di cosa c’è intorno a noi… Non sembra di aver subito un terremoto, ma un vero e proprio bombardamento, sembra di essere in guerra, le case davanti a noi sono disintegrate, vedo solo macerie, sassi enormi ovunque e tantissima polvere».
Hanno respirato tanta polvere, ma non c’è tempo per riflettere: l’obiettivo è salvare la madre e la zia. «Ale riesce a farsi dare una torcia da un soccorritore, me la passa e io cerco di illuminare la stanza per capire come raggiungerle: impossibile, quello che vedo intorno è solo devastazione, il pavimento non c’è più, il letto è in bilico e sorretto solo da una trave, l’armadio mi stava per schiacciare ma in qualche modo è rimasto incastrato, il muro che divide la mia stanza da quella dei nostri vicini non c’è più, quindi posso vedere chiaramente Elisa, Rossana e Lollo, che nonostante sia piccolo mantiene la calma e mi urla “Mirco tu sei un Ironman, ce la farai!”. Capisco che usciremo tutti da lì, in un modo o in un altro, raggiungere mamma è impossibile, ma la sua stanza non è crollata, quindi i soccorritori potrebbero farle scendere da dietro dalla finestra con una scala».
«Ale mi urla più volte di scendere, a quel punto cedo e mi calo giù anch’io mentre i soccorsi aiutano con la scala a far scendere i nostri vicini, subito dopo vanno dietro e aiutano mamma e zia, anche loro sono sane e salve e ci sbrighiamo ad allontanarci da quel posto. Siamo vivi e non ci crediamo, ma intorno a noi c’è solo desolazione e distruzione, dolore e dramma. Se mio padre non avesse fatto rimettere a posto il tetto qualche mese fa, adesso non so se sarei qui a raccontare questo incubo, se siamo vivi lo dobbiamo al suo zelo e al Signore che ci ha protetto».