LA RISCOSSA PARTE DA APRILIA, LATINA, NETTUNO E BASSIANO
La riscossa è partita da Latina, Aprilia, Nettuno e Bassiano che hanno chiesto di votare le novità a favore dei cittadini e delle casse pubbliche: basta distacchi arbitrari, basta prestiti non rimborsati ai Comuni, basta rincari, basta personaggi scelti da certa politica come espressione del socio pubblico ai vertici della Spa. Una svolta che i Sindaci di questi quattro Comuni hanno guidato facendo inserire certi punti all’ordine del giorno, l’elenco delle questioni da discutere e votare.
E il voto è arrivato, chiaro e compatto: presenti 22 rappresentanti dei Comuni, 22 voti favorevoli. È accaduto martedì scorso 11 ottobre, nella seduta della Conferenza dei Sindaci che ora si chiama EGATO, Ente di gestione dell’Ambito territoriale ottimale. In aula c’erano i primi cittadini di Latina, Damiano Coletta, Aprilia, Antonio Terra, e Bassiano, Domenico Guidi. Per Nettuno c’era Laura Pizzotti delegata del Sindaco, Angelo Casto. Nessuno in rappresentanza di Comuni rilevanti in termini di utenze come Anzio e Sabaudia. Assente, come sempre, la Provincia di Roma adesso ribattezzata Città Metropolitana.
I NUOVI PALETTI NELL’INTERESSE PUBBLICO
Innanzitutto, Acqualatina non potrà più staccare l’acqua senza una previa pronuncia del giudice, cosa che da anni il nostro giornale spiega. Tanto da esserci meritati questo: una pattuglia di addetti di Acqualatina, con guardia armata al seguito, staccò l’acqua alla nostra redazione, su area privata e senza preavviso. Nessuna istituzione ebbe nulla da ridire. Il Caffè ha continuato a dire. Esulta Domenico Guidi, sindaco di Bassiano, attivista della prima ora in questa materia: «Abbiamo modificato il Regolamento del servizio cosicché si eviteranno distacchi arbitrari e senza riguardo per le situazioni di disagio dell’utente».
Una mosca bianca tra gli amministratori locali, anche per la sua conoscenza degli atti e fatti del servizio idrico targato Acqualatina. Con Aprilia, il suo Comune è divenuto un simbolo della mobilitazione civile per il rispetto delle regole e la salvagaurdia dell’acqua come bene comune non mercificabile. In secondo luogo, i Sindaci hanno deciso che la Acqualatina deve restituire ai Comuni soci i soldi che questi hanno sborsato per pagare i mutui accesi con la Cassa Depositi e Prestiti per le opere idriche. Ora servirà una verifica per quantificare le somme.
Terzo, i Sindaci hanno chiesto di dimettersi ai tre presunti rappresentanti del socio pubblico nel Consiglio di Amministrazione della Spa, di cui i Comuni sono soci di maggioranza. Un segnale possente di svolta anche rispetto alla partitocrazia che ha finora imposto le proprie pedine.
BOLLETTE UMANE E LOBBY LICENZIATE
Lo scorso luglio, per la prima volta in assoluto da quando esiste questo Ambito idrico, la Conferenza dei Sindaci ha respinto un aumento tariffario proposto da Acqualatina. Un fatto epocale, sorprendente: solo fino a poco fa si è consentito che Acqualatina incassasse dal 2003 al 2014 quasi 220 milioni di euro in più grazie alle tariffe gonfiate e si è fatto in modo che non pagasse quasi 53 milioni di euro di penali, ossia sanzioni per le inefficienze, tra il 2003 e l’anno passato, grazie al ‘condono’ accordato dai soliti Sindaci e accoliti. Ora la virata dei rappresentanti dei Comuni è ancora più robusta: i Sindaci – quelli non al guinzaglio della solita truppa politico-affaristica – vogliono capire quanto sta incassando la società, quanto spende, per quali investimenti e con quali risultati. Perciò hanno incaricato l’Anea, associazione nazionale degli enti d’àmbito, di realizzare uno studio sulla fattibilità del ritorno in mani totalmente pubbliche dei servizi idirici e della revisione della tariffa magari verso il basso.
«DEPURARE COSTI E TARIFFA»
Ci si domanda, ad esempio, come mai all’aumento delle tariffe non è corrisposto alcun innalzamento dell’acqua venduta, che anzi è scesa di 2 milioni di metri cubi rispetto al 2003. Né è chiaro come mai con il raddoppio del fatturato siano aumentate esponenzialmente anche le spese. E quegli 86 milioni di metri cubi d’acqua annui – su 123 milioni immessi in rete – che vanno dispersi? Uno sperpero che costa 5-6 milioni di euro l’anno. «Bisogna depurare il Piano dei cosiddetti investimenti – avverte il Sindaco bassianese Guidi – togliendo costi inutili. Di sicuro bisogna eliminare la spesa di oltre 40 milioni di euro per realizzare e gestire l’impianto di trattamento dei fanghi dei depuratori previsto a Sermoneta, accanto a Latina Scalo, che tra l’altro ha aspetti finanziari ambigui ed inquietanti (appaltone assegnato senza che i sindaci lo abbiano mai discusso e votato e scoperto dal Caffè, ndr). E poi va cancellato il progetto per la nuova faraonica sede di Acqualatina da 4 milioni di euro».
Tutto ciò rischia di far saltare il castello finanziario che ingabbia l’acqua. E con il castello, affonderebbe qualche feudatario coi suoi vassalli e signorotti.
8 settembre 2008, due idraulici di Acqualatina, scortati da guardia armata, staccano l’acqua alla redazione del giornale il Caffè, davanti all’attonito Direttore Stefano Carugno. Il giorno prima era uscito il nostro articolo “Non possono staccare l’acqua così”, cioè senza sentenza del giudice. Uno dei tantissimi approfondimenti pubblicati dal Caffè e che non abbiamo mai smesso di aggiornare, scoprendo e raccontando – ad esempio – lo scandalo dell’arsenico nell’acqua, il mutuo Depfa Bank e i pericolosi titoli swap infilati nell’operazione, le contraddizioni del bilancio e i funambolismi contabili di Acqualatina, disservizi, incompatibilità e altro ancora. 11 ottobre 2016: all’unanimità i Sindaci di 22 Comuni introducono una nuova regola nel Regolamento di servizio di Acqualatina: non possono staccare l’acqua così.
-
Mutuo pericoloso: Aprilia aveva ragione
Il ricorso del Comune di Aprilia sul mutuo con la tedesca Depfa Bank contratto da Acqualatina non può essere accolto dal Consiglio di Stato perché è stato presentato tardi rispetto ai termini di legge. Ma la questione sarà comunque trasmessa alla Corte dei Conti. C’è comunque una vittoria per l’Amministrazione Terra, ma pure per i cittadini degli altri Comuni dove però gli amministratori sono rimasti sotto schiaffo e zitti.
La vittoria è quella di aver rotto l’omertà sulla “pericolosità” del mutuo da 114,5 milioni di euro contratto dal gestore idrico con l’ok dell’Assemblea dei Sindaci dell’Ato4: una pericolosità non esclusa dal Consiglio di Stato, il massimo organo giudiziario in materia amministrativa. Anzi.
I SOLITI SOSPETTI
Il senso di quel mutuo – questa la versione ufficiale – era che serviva per fare investimenti. Ma la preoccupazione del Comune di Aprilia era che la volontà di scaricare sui Comuni il rischio del mutuo potesse nascondere un tentativo di salvare ancora una volta la Spa idrica accollando eventuali altri debiti alle Amministrazioni, e quindi sui cittadini (vedi riquadro: “Mutuo salva-Acqualatina?”). L’operazione, infatti, metteva come garanzia i crediti che Acqualatina vantava nei confronti dell’Autorità d’àmbito (in sostanza gli Enti locali dell’àmbito idrico medesimo). Nelle clausole negoziali dell’atto di cessione del credito, il Consiglio di Stato ritiene “che emergano aspetti di interesse” per la Corte dei conti, i giudici che controllano la regolarità dei conti pubblici e se vi siano amministratori pubblici da punire per danni alle casse pubbliche. Si tratta in particolare delle clausole con le quali l’Autorità d’ambito, ossia la Provincia, “si obbliga ad informare Depfa Bank di ‘tutti gli eventi (…) incidenti sull’equilibrio economico-finanziario di cui alla Convenzione”; accetta “la delegazione di pagamento del credito medesimo a favore dell’istituto di credito cessionario (Depfa Bank, ndr), senza potere opporre al primo le eccezioni opponibili al cedente Acqualatina, tra cui la compensazione”; ed inoltre accetta che le decisioni assunte da Acqualatina nell’ambito della convenzione per la gestione (il ‘contratto’ tra Comuni e Acqualatina, ndr) del servizio idrico “sono soggette al preventivo consenso scritto” della banca. In pratica, secondo quel contratto non si muove foglia che la banca non voglia.
“RISCHI FINANZIARI ECCESSIVI”
Significa, in altre parole, che ad una banca, per di più straniera, è stato dato il potere di dire l’ultima parola sugli investimenti, cioè sulla possibilità di sistemare e migliorare le nostre reti idriche e i depuratori, persino sulle tariffe visto che con le bollette devono garantire l’equilibrio economico-finanziario e quindi anche la restituzioni dei soldi a Depfa.
È quanto da anni il Caffè cerca di far capire agli amministratori locali, ai loro concittadini e a qualche prefetto. “Si tratta di clausole – scrivono i magistrati – che oltre ad esporre l’amministrazione concedente a rischi di esborsi finanziari eccessivi sembrano interferire nel rapporto tra questa e il concessionario del servizio (Acqualatina, ndr)”. Oltre a mettere a rischio i soldi dei Comuni, insomma, per clausole approvate dai Sindaci telecomandati, appare davvero troppo che sulle scelte e dinamiche tra Comuni e gestore ci sia il veto della banca.
ORA TOCCA AI GIUDICI CONTABILI
Se questo è l’aspetto positivo per Aprilia e per i Comuni, ce n’è un altro negativo. Nel 2014 il Municipio apriliano aveva chiesto di annullare le delibera dell’Ato4 con cui si prendeva atto dell’ok, rilasciato dalla Conferenza dei sindaci, alla cessione dei crediti alla Depfa bank.
Ricorso che l’Ente di piazza Roma aveva presentato in via straordinaria al Presidente della Repubblica che ha “scaricato” la patata bollente al Tribunale amministrativo regionale di Latina. Ma il Tar non ha concesso la sospensiva, cioè il congelamento degli effetti della delibera contestata. Ha invece affrontato direttamente nel merito la questione e nel maggio 2015 si è dichiarato incompetente, ritenendo che la materia fosse di competenza del Giudice ordinario. Contro questa decisione il Comune di Aprilia ha presentato ricorso al Consiglio di Stato nel gennaio 2016: in realtà, secondo quest’ultimo, non dovevano passare più di 90 giorni tra la sentenza ed il ricorso.
Per questo il Collegio dei giudici romani ha dichiarato “improcedibile” il ricorso, ma ha trasmesso le carte ai giudici contabili per le sue valutazioni. E a quel punto ne vedremo delle belle.
Ad esempio: tra i crediti ceduti a garanzia, c’è pure quello per le “dispersioni amministrative”, cioè l’acqua presa da ignoti senza pagare, stimato inizialmente in 14,5 milioni di euro accollati nel bilancio di Acqualatina ai Comuni. Peccato che tale debito verso la Spa pare che non sia mai stato riconosciuto nei bilanci di alcuni Comuni. Lo sanno i Sindaci?
La questione ruota intorno al mutuo richiesto e concesso dalla Depfa Bank, ad Acqualatina: 114,5 milioni di euro. Fino al 2012 sarebbe costato 32,2 milioni tra interessi, titoli derivati swap (tipici della finanza speculativa e assai rischiosi, c’è chi li chiama “tossici”) e consulenze. Il prestito sarebbe stato tutto utilizzato tra il 2005 ed il 2009 e nello stesso periodo sarebbero stati fatti investimenti solo per 78,5 milioni. Per cui 15,5 milioni sarebbero stati utilizzati per altre spese. In particolare, nel periodo 2006-2007 sono stati utilizzati poco più di 60,5 milioni a fronte di investimenti pari a circa 31 milioni. L’ipotesi è che il prestito sia servito per salvare la società dal fallimento, specialmente negli anni 2006-2007. Di qui i timori e i sospetti del Comune di Aprilia ritenuti degni di attenzione dal Consiglio di Stato. Recentissimamente, la BNL è stata condannata a risarcire con quasi 10 milioni di euro – il più alto rimborso mai stabilito in materia di derivati in Italia – una multinazionale francese proprio per un finanziamento al quale avevano collegato titoli derivati swap. Qualcuno potrebbe tremare anche in terra pontina.
A luglio scorso, Acqualatina voleva introdurre una nuova sfilza di rincari: un +9% per il 2016, e poi per il 2017 un aumento del 17,27%, del 27% nel 2018 e del 32% nel 2019. Ma i Sindaci, a sorpesa, hanno stroncato la manovra.
Acqualatina dice che i rincari sono indispensabili per poter fare investimenti e quindi per curare acquedotti e depurazione. In realtà – è la nuova linea dei Sindaci sani o ravveduti – si può investire lo stesso senza aumentare la tariffa. «Si può addirittura ridurre fino al 10% la tariffa revisionando le spese del gestore», rilancia Domenico Guidi, Sindaco di Bassiano.