Milioni di euro spariti, imposte evase e libri contabili distrutti. La descrizione che fa della Etr srl di Cisterna, al termine delle indagini preliminari, il sostituto procuratore Marco Giancristofaro è quello di un’azienda spogliata di ogni bene. E contestando una serie di episodi di bancarotta, tanto a manager di fatto quanto a quelli di diritto, il magistrato ha chiesto sette rinvii a giudizio, a partire da quello dell’imprenditore Fabrizio Perrozzi, a cui il Tribunale ha già confiscato un patrimonio da 150 milioni di euro, considerato frutto di attività illecite. Una richiesta che fa tornare l’azienda a lungo inquadrata come la cassaforte di Perrozzi, quella impiegata per la frode carosello da mezzo milione di euro in Veneto, al centro delle cronache.
Secondo il Tribunale di Latina, il 59enne Fabrizio Perrozzi, che dopo le diverse grane giudiziarie si è trasferito da Cisterna a Milano, avrebbe messo su un impero compiendo un illecito dietro l’altro in materia fiscale e societaria. Una convinzione che, dopo il sequestro compiuto dalla questura, ha portato i giudici a disporre la confisca di immobili, quote societarie, conti e altri beni per un valore stimato di appunto 150 milioni. Tutto in mano allo Stato. Dal denaro contante a un’Aston Martin. Sotto accusa anche per un presunto riciclaggio milionario tra Malta, Panama, la Svizzera e l’Italia, oggetto delle indagini della Guardia di finanza partite dalle manovre attorno alla società nautica Italcraft di Gaeta, Perrozzi rischia però ora un nuovo processo per la società con cui sono iniziati i suoi primi veri problemi. Fino al 2006, infatti, l’imprenditore non aveva mai avuto particolari grane. Poi l’inchiesta sulla frode attorno ai telefonini in Veneto, tra arresti e condanne, ha cambiato tutto. Un raggiro che il 59enne avrebbe portato avanti con la Etr, società con sede operativa in Veneto ma sede legale a Cisterna, dichiarata fallita dal Tribunale di Latina il 19 aprile 2012. Da quel crac è ripartito il sostituto procuratore Giancristofaro, ipotizzando una serie di episodi di bancarotta, che sarebbero stati caratterizzati anche dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, da una maxi evasione d’Iva e di Ires, da prelevamenti milionari e pagamenti preferenziali, tra cui uno da un milione di euro a favore dello stesso Perrozzi. Il magistrato ha così chiesto il rinvio a giudizio dello stesso imprenditore, del figlio, il 36enne David Perrozzi, del 44 enne Enrico Bollante, anche lui di Cisterna, di Micaela Bergamin, 41enne di Campagnano di Roma, di Arianna Benedetti, 45enne di Roma, di Luigi Testa, 47enne di Latina, e di Pilade Boschi, 63enne di Nettuno. Deciderà, il prossimo 16 gennaio, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Pierpaolo Bortone.