E’ sempre più alta in città la tensione legata agli arrivi di nuovi richiedenti asilo da Africa e Medio Oriente. In realtà il momento più critico, rappresentato dai mesi primaverili ed estivi, pare essere passato. Arrivi in città si contano settimanalmente ma sono sempre più limitati, quasi pari a zero anche se il numero delle presenze, tra prima e seconda accoglienza, ha ormai superato le duemila unità. E’ un accoglienza a semi macchia di Leopardo quella che si è realizzata nel capoluogo dove la stessa amministrazione, sin dalla sua elezione, si è schierata contro l’apertura di un hub, ossia un grosso centro d’accoglienza aperto (dal quale gli ospiti potrebbero cioè liberamente entrare e uscire) che avrebbe potuto contenere anche più di 500 unità. Per la maggioranza di Latina Bene Comune questo avrebbe rappresentato la creazione di un vero e proprio ghetto, un sistema d’accoglienza peraltro più volte criticato anche dall’Unione europea. Il problema è che la macchia di leopardo, ossia l’alloggio dei richiedenti asilo in appartamenti e villette anonime in un massimo di dieci dodici unità, è stato possibile per pochissime settimane. Quando gli arrivi si sono moltiplicati (all’inizio dell’estate le stesse cooperative si sono viste costrette a trovare alloggi anche per cento persone ogni settimana) le regole del gioco sono saltate. Dei piccoli ghetti si sono creati: a Sabotino un centro d’accoglienza ospita ormai più di cento persone e stessa cosa vale per delle costruzioni alle spalle di un hotel sull’Appia (altezza Latina Scalo). Anche il grattacielo Pennacchi è diventato una sorta di hub con la maggior parte degli appartamenti occupati da richiedenti asilo che ormai superano le 50 unità. Per non parlare dell’hotel della Ville dove alcune stanze sono ormai stabilmente dedicate all’accoglienza.
A mal funzionare è anche l’integrazione nel tessuto sociale dei richiedenti asilo, soprattutto per ciò che concerne la prima accoglienza, che viene gestita a livello governativo e vede il comune esautorato da ogni decisione. Se il numero di richiedenti asilo è aumentato a dismisura le cooperative non hanno infatti implementato di pari passo il loro personale; questo porta i richiedenti asilo, molto spesso, a rimanere abbandonati a se stessi per buona parte della giornata, se non per i rari momenti in cui un operatore, spesso straniero anch’esso, non arriva negli appartamenti per consegnare la razione di cibo. Nessun corso di italiano, spesso nulle prospettive a livello lavorativo, se non in nero, portano queste persone a vagare per la città, spesso a gruppi. A onor del vero non si registrano, a oggi, reati commessi da richiedenti asilo, anche se cominciano a essere diverse le risse e le liti scoppiate all’interno dei centri dove spesso, per la fretta di organizzare l’accoglienza, vengono ospitati soggetti provenienti da etnie diverse e in conflitto tra loro da centinaia di anni.
A mal funzionare è anche l’integrazione nel tessuto sociale dei richiedenti asilo, soprattutto per ciò che concerne la prima accoglienza, che viene gestita a livello governativo e vede il comune esautorato da ogni decisione. Se il numero di richiedenti asilo è aumentato a dismisura le cooperative non hanno infatti implementato di pari passo il loro personale; questo porta i richiedenti asilo, molto spesso, a rimanere abbandonati a se stessi per buona parte della giornata, se non per i rari momenti in cui un operatore, spesso straniero anch’esso, non arriva negli appartamenti per consegnare la razione di cibo. Nessun corso di italiano, spesso nulle prospettive a livello lavorativo, se non in nero, portano queste persone a vagare per la città, spesso a gruppi. A onor del vero non si registrano, a oggi, reati commessi da richiedenti asilo, anche se cominciano a essere diverse le risse e le liti scoppiate all’interno dei centri dove spesso, per la fretta di organizzare l’accoglienza, vengono ospitati soggetti provenienti da etnie diverse e in conflitto tra loro da centinaia di anni.
La voce di un appartamento a una cooperativa genera proteste
La rabbia tra disperati a volte nasconde razzismo, chiusura mentale e populismo ma molto più spesso rappresenta il frutto di una frustrazione. Ed ecco che la sola voce che un appartamento di Latina Scalo sia stato affittato a una cooperativa (che si occupa però ad oggi solo di ospitare minori, tra cui anche i minori stranieri non accompagnati) ha generato barricate, proteste e richieste di chiarimento. L’amministrazione ha spiegato:”ˆ«I lavori in corso nella palazzina di Via della Gardenia non sono collegati all’apertura di una nuova struttura deputata ad ospitare rifugiati. Peraltro, alla data di oggi, non è pervenuta presso il Comune alcuna richiesta di autorizzazione per l’apertura del nuovo centro. E’ invece giunta notizia, in maniera ancora informale, dell’intenzione della società affittuaria dei locali di Latina Scalo di destinare tali spazi all’accoglienza di una decina di minori, sia italiani che stranieri. Questa società potrà comunque aprire il nuovo centro solo dopo aver ottenuto dal Comune l’approvazione del progetto educativo e della documentazione necessaria alla verifica dei parametri previsti dalla normativa vigente».
La rabbia tra disperati a volte nasconde razzismo, chiusura mentale e populismo ma molto più spesso rappresenta il frutto di una frustrazione. Ed ecco che la sola voce che un appartamento di Latina Scalo sia stato affittato a una cooperativa (che si occupa però ad oggi solo di ospitare minori, tra cui anche i minori stranieri non accompagnati) ha generato barricate, proteste e richieste di chiarimento. L’amministrazione ha spiegato:”ˆ«I lavori in corso nella palazzina di Via della Gardenia non sono collegati all’apertura di una nuova struttura deputata ad ospitare rifugiati. Peraltro, alla data di oggi, non è pervenuta presso il Comune alcuna richiesta di autorizzazione per l’apertura del nuovo centro. E’ invece giunta notizia, in maniera ancora informale, dell’intenzione della società affittuaria dei locali di Latina Scalo di destinare tali spazi all’accoglienza di una decina di minori, sia italiani che stranieri. Questa società potrà comunque aprire il nuovo centro solo dopo aver ottenuto dal Comune l’approvazione del progetto educativo e della documentazione necessaria alla verifica dei parametri previsti dalla normativa vigente».
Dove si trovano
Attualmente c’è a Sabotino un centro d’accoglienza che ospita più di cento persone. Stessa cosa per delle costruzioni alle spalle di un hotel sull’Appia (altezza Latina Scalo). Anche il grattacielo Pennacchi è diventato una sorta di hub con la maggior parte degli appartamenti occupati da richiedenti asilo che ormai superano le 50 unità. Per non parlare dell’hotel della Ville dove alcune stanze sono ormai stabilmente dedicate all’accoglienza.
Attualmente c’è a Sabotino un centro d’accoglienza che ospita più di cento persone. Stessa cosa per delle costruzioni alle spalle di un hotel sull’Appia (altezza Latina Scalo). Anche il grattacielo Pennacchi è diventato una sorta di hub con la maggior parte degli appartamenti occupati da richiedenti asilo che ormai superano le 50 unità. Per non parlare dell’hotel della Ville dove alcune stanze sono ormai stabilmente dedicate all’accoglienza.
I numeri forniti dal Comune
Attualmente sul territorio del comune di Latina, secondo gli ultimi dati forniti dalla Prefettura, sono presenti circa 600 rifugiati su un totale di circa 126mila abitanti. A questi si aggiungono gli 81 dello Sprar: «Nonostante si arrivi a una percentuale che di fatto raddoppia il tetto raccomandato dal Ministero – sottolinea la Ciccarelli – si tratta di numeri comunque gestibili, lontani dal rappresentare un’emergenza sociale. Resta però inteso che, come già auspicato anche in Consiglio Comunale in occasione dell’approvazione delle variazioni di bilancio relative allo Sprar – aggiunge l’Assessora – il Comune di Latina è impegnato a collaborare con la Prefettura perché si apra un confronto con i Comuni della provincia finalizzato ad incrementare la loro presenza nella rete Sprar e a rendere realisticamente possibile, attraverso la loro collaborazione, il rispetto delle quote di ripartizione previste nella Direttiva».
Attualmente sul territorio del comune di Latina, secondo gli ultimi dati forniti dalla Prefettura, sono presenti circa 600 rifugiati su un totale di circa 126mila abitanti. A questi si aggiungono gli 81 dello Sprar: «Nonostante si arrivi a una percentuale che di fatto raddoppia il tetto raccomandato dal Ministero – sottolinea la Ciccarelli – si tratta di numeri comunque gestibili, lontani dal rappresentare un’emergenza sociale. Resta però inteso che, come già auspicato anche in Consiglio Comunale in occasione dell’approvazione delle variazioni di bilancio relative allo Sprar – aggiunge l’Assessora – il Comune di Latina è impegnato a collaborare con la Prefettura perché si apra un confronto con i Comuni della provincia finalizzato ad incrementare la loro presenza nella rete Sprar e a rendere realisticamente possibile, attraverso la loro collaborazione, il rispetto delle quote di ripartizione previste nella Direttiva».
12/01/2017