CONDANNATI IMPIEGATI NEL PARCO: CHE FINE FARANNO?
Nel maggio 2016, infatti, l’associazione di Protezione Civile “Noi ci Siamo” ed il Tribunale di Latina hanno firmato una convenzione che prevede, presso la sede, lo svolgimento di lavori di pubblica utilità come alternativa al carcere. Si tratta di una procedura prevista per legge che consiste nell’effettuare lavori non retribuiti in favore della collettività per un periodo non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, nel rispetto delle professionalità dell’imputato. Ad assegnarli può essere esclusivamente il giudice. È la prima volta nella storia di Latina che si è siglata una convenzione simile tra Tribunale ed un’associazione di Protezione Civile. Il contratto è stato siglato il 30 maggio del 2016 tra il presidente di Noi Ci Siamo Juri Iermini ed il presidente del Tribunale di Latina, Catello Pandolfi, e prevede una durata di cinque anni. Secondo quanto si legge da contratto, presso il Parco Natura possono essere impiegate massimo 10 persone contemporanemente ma, date le possibilità lavorative e riabilitative, nel maggio 2017 probabilmente il numero sarebbe aumentato.
Si tratta di attività di pulizia, sorveglianza del parco, assistenza degli ospiti ma soprattutto di reintegro nella società tramite il contatto con le persone.
ANCORA A LAVORO NEL PARCO, ANCHE SE È CHIUSO
«La concessione non è scaduta – spiega Juri Iermini – ed attualmente le persone sono ancora impiegate nelle attività di prima. Noi volontari abbiamo la possibilità di entrare nel parco anche se è chiuso al pubblico ed effettuare lavori di manutenzione, coperti regolarmente da assicurazione. Ma non è la stessa cosa per gli imputati e rischiamo di perdere anche la parte sociale della nostra attività. Nel corso del tempo abbiamo seguito le persone in alcuni percorsi tramite un programma interno che prevede tre fasce: la conoscenza, il sociale e la sicurezza. Le persone che hanno svolto attività da noi si sono sempre trovate bene e sentite valorizzate, tanto da uscirne entusiaste. Le età e le storie sono diverse: fino ad ora ci sono capitati casi dai 20 anni a 49 anni, con precedenti di droga, furto, detenzione di armi. Iniziano sedendosi intorno ad un tavolino e cominciano ad ambientarsi conoscendo la famiglia della Protezione Civile. Poi proseguono cercando di capire il percorso più adatto tramite un racconto della propria esperienza e del proprio disagio nella società. Le attività che iniziano le svolgono parallelamente a noi fino ad arrivare ad essere un volontario di protezione civile a tutti gli effetti. Con questo programma – continua il presidente dell’associazione – si trovano bene ed hanno una buona relazione con l’esterno perché sono a contatto con bambini, anziani, famiglie. Il percorso di recupero ha portato alcuni di loro a trovare lavoro immediatamente. Uno ad aprile inizierà un impiego in un ristorante, uno ha trovato un’occupazione in Germania. Con la chiusura dei cancelli è tutto diverso: possono solamente svolgere lavori di manutenzione interna, senza entrare a contatto con il pubblico. Attualmente sono impiegati nella pulizia, o hanno verniciato giochi e tolto rami e erbacce da terra. In questo modo rischia di decadere il contratto perché non c’è più il punto di ritrovo per questi ragazzi. È un danno sociale».
L’APPELLO AL SINDACO
Dal momento che la convenzione è stata stipulata meno di un anno fa, non c’è ancora un parametro di statistiche a cui attenersi per verificare che lo svolgimento di lavori di pubblica utilità sia andato bene e abbia portato ai risultati. Ma i volontari sono sicuri di quello che dicono: «Da noi le persone che vengono non vengono messe all’angolo né utilizzate per svolgere mansioni fini a se stesse. Il percorso che svolgono è riabilitativo sotto tutti i punti di vista e un’amministrazione che ha puntato sul sociale non può non tenere conto di questo e lasciare che anche questo progetto decada».