Mentre la macchina dell’accoglienza è ancora in piena attività in provincia di Latina, con le cooperative invitate a trovare nuovi spazi dove allocare i richiedenti asilo che arriveranno da qui all’estate, un problema si profila all’orizzonte.
Quello degli uomini, circa 200 in tutta la provincia, che nelle prossime settimane vedranno accolte o respinte le richieste d’asilo.
ALMENO 100 VERANNO INVITATI A LASCIARE L’ITALIA
Si tratta dei cosiddetti ricorrenti, coloro che dopo essere arrivati in provincia tra il 2014 e il 2015, hanno già visto la domanda rigettata dalla commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e hanno presentato ricorso al tribunale ordinario. La media nazionale (dati del ministero dell’Interno del dicembre 2016) evidenzia come il 52% delle domande venga rigettato. Almeno cento persone, quindi, tra quelle ospitate in provincia, verranno invitate a lasciare il nostro paese.
Per altrettanti richiedenti asilo, invece, si apriranno diverse strade.
La Commissione territoriale può riconoscere lo status di rifugiato e in questo caso rilascia un provvedimento che consente al richiedente di ritirare in Questura il permesso di soggiorno per asilo, che ha una durata di 5 anni ed è rinnovabile a ogni scadenza. La Commissione può anche non riconoscere lo status di rifugiato e concedere la protezione sussidiaria, se ritiene che sussista un rischio effettivo di un grave danno in caso di rientro nel Paese d’origine. In questo caso il permesso di soggiorno ha una durata di 3 anni ed è rinnovabile ad ogni scadenza, dopo valutazione da parte della Commissione. Il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria può anche essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Se non può essere riconosciuto lo status di rifugiato, infine, la Commissione può ritenere che sussistano gravi motivi di carattere umanitario e, pertanto, chiede alla Questura che venga dato al richiedente un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
LO SCOGLIO DEL LAVORO PER CHI OTTIENE L’ASILO
Pur ammettendo che chi vedrà rifiutata la protezione non scelga di rimanere in Italia come clandestino, la quasi totalità dei rifugiati (o riceventi protezione) si troverà quasi automaticamente catapultato ai margini della società. Quasi nessuno ha infatti un lavoro e nessun appiglio arriverà dal progetto Sprar, dedicato all’accoglienza di secondo livello, finanziato dal comune di Latina e che oggi segue 82 famiglie. Un progetto, quello della rete, che serve proprio a garantire la giusta integrazione e indipendenza economica a chi riceve il diritto d’asilo ma che si riscopre sottodimensionato rispetto alla domanda. E’ quindi un sistema inceppato quello dell’accoglienza, che vede centinaia di migliaia di euro nella sola provincia pontina investiti in una formazione che rischia di rimanere fine a sé stessa.
Teoricamente possibile ma praticamente arduo l’ingresso nel mondo del lavoro: chi arriva in Italia e richiede diritto d’asilo, infatti, dovrebbe essere dotato di un permesso di soggiorno della durata di tre mesi che gli garantirebbe, nelle more della decisione presa dalla commissione territoriale, di lavorare. Peccato che questo permesso di soggiorno arrivi spesso in ritardo e soprattutto non venga rinnovato automaticamente.
Tra la scadenza e il rinnovo passano spesso due o tre settimane, che impediscono al richiedente asilo di essere contrattualizzato. Ma c’è un altro sottile paradosso che non incentiva al lavoro il richiedente asilo. Qualora infatti un ospite di un centro d’accoglienza dovesse essere assunto, anche a tempo determinato o con un contratto stagionale, questo perderebbe il diritto all’alloggio e dovrebbe provvedere da sé al mantenimento. In attesa del verdetto, per il quale di solito ci vogliono due anni, il richiedente asilo però impara la lingua e gli usi del luogo che lo ospita.
Una formazione che si interrompe bruscamente con la decisione di commissione o tribunale con l’ospite che viene invitato a lasciare la struttura e a provvedere a sé stesso, cosa che quasi certamente non riuscirà a fare trovando nei servizi sociali, le casse dei quali sono costantemente vuote, l’unico appiglio possibile.
In Italia il diritto di asilo è garantito dall’art. 10, comma 3 della Costituzione: « Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». Secondo l’UNHCR, le domande di asilo presentate in Italia nel 2008 sono state 30.324, e i principali paesi di origine dei richiedenti asilo sono stati, nell’ordine, la Nigeria con 5.333 domande, la Somalia con 4.473 domande, l’Eritrea con 2.739 domande, l’Afghanistan con 2.500 domande e la Costa d’Avorio con 1.844 domande. Il numero complessivo dei rifugiati riconosciuti residenti in Italia è indicato dall’UNHCR come pari, a giugno 2009, a circa 47.000 persone. La legge italiana prevede il diritto all’accoglienza per tutti i richiedenti asilo. Un aiuto è fornito anche da alcune associazioni di carattere privato che mettono a disposizione delle strutture. Nonostante ciò, a causa dello scarso numero dei posti disponibili, in alcuni casi la possibilità di trovare un posto in un centro di accoglienza non è immediata ed è possibile che tu debba attendere a lungo o che per avere un posto in un centro di accoglienza tu possa essere trasferito in un luogo diverso da quello in cui hai presentato la domanda d’asilo. La legge prevede che se non ci sono posti disponibili nei centri di accoglienza, il richiedente asilo che non ha mezzi economici ha diritto a un sussidio in denaro. Qualora ti trovi in questa situazione devi richiedere tale sussidio alla Questura dove presenti domanda d’asilo.