Nella tabaccheria entrò un uomo, dopo essere sceso da una Renault Megane nera, che comprò un pacchetto di sigarette e poi una birra nel vicino bar. Il cliente poi uscì, salvo rientrare poco dopo, estrarre una pistola dai pantaloni, puntarla in faccia al tabaccaio e arraffare dalla cassa 1.500 euro, per darsi infine alla fuga, esplodendo all’esterno anche due colpi di pistola. Sul posto giunsero i carabinieri, che visionarono le immagini delle telecamere di sorveglianza del vicino distributore.La svolta arrivò dopo circa due ore, quando in caserma si presentò uno straniero, vicino di casa del 46enne Antonio Di Vicino, il quale riferì agli investigatori che la sera prima il 46enne, brandendo una pistola, lo aveva minacciato e che al mattino, sempre impugnando quell’arma, lo aveva visto salire su una Renault Megane con alla guida il 32enne Stefano Kiflè, riconosciuto dallo straniero in foto. Ben presto Di Vicino venne indicato come autore della rapina tanto dal tabaccaio quanto dal barista. Lo straniero riferì poi di aver visto i due parlare anche con Mariano Marangoni che, agli arresti domiciliari, come appurato dai carabinieri proprio quella mattina si era tolto il braccialetto elettronico ed era evaso. A quel punto, giunte ai militari alcune segnalazioni su un’auto che viaggiava sulla Pontina e da cui venivano esplosi colpi di pistola, in breve tempo gli investigatori bloccarono la Megane di Kiflè, che era insieme a Marangoni, e recuperarono sul mezzo una pistola calibro 44 magnum, oltre ad alcuni colpi esplosi, del tutto simile a quella impiegata per la rapina alla tabaccheria.
In precedenza il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Mara Mattioli, aveva condannato a quattro anni di reclusione gli apriliani Di Vicino e Kiflè. Ora è stata la volta di Marangoni.