Si tratta di un 47enne Assistente Capo della Polizia Penitenziaria presso il carcere di Frosinone; un albanese di 35 anni già detenuto presso il carcere di Frosinone, attualmente in carcere a Spoleto per droga, rapina e sfruttamento della prostituzione; un 26enne rumeno detenuto presso il carcere di Frosinone per reati di droga; un altro 26enne napoletano già detenuto presso la Casa Circondariale di Frosinone, attualmente in carcere ad Ariano Irpino per droga e rapina; un 36enne albanese in carcere per droga; una donna di Cagliari di 41 anni; una 46enne e un 46enne di Napoli; un 52enne e una 46enne di Sabaudia; un 39enne di Latina.
Le indagini erano partite a luglio, a seguito del ritrovamento, da parte di personale della Polizia Penitenziaria, di alcuni telefoni cellulari all’interno di celle del carcere di Frosinone. È stata svelata una “reiterata attività di corruzione – scrivono i Carabinieri in una nota stampa – da parte di quattro detenuti del Carcere di Frosinone nei confronti di un assistente capo della Polizia Penitenziaria, finalizzato all’introduzione di apparati telefonici e, in una circostanza, di sostanza stupefacente ed altre non meglio individuate utilità”.
Sostanzialmente, attraverso una sorta di passa parola i detenuti, parlando tra loro, “erano venuti a conoscenza della possibilità di potersi dotare di un telefono cellulare corrispondendo alla guardia carceraria una somma che variava dai 150 ai 500 euro”. Il denaro veniva fatto recapitare dai parenti dei detenuti.
La guardia carceraria era riuscita a guadagnare 2000 euro, in parte in contanti ed una parte attraverso l’accreditamento su una Postepay intestata alla stessa guardia.
L’uso dei telefoni da parte dei detenuti era per le più svariate esigenze. Dalla necessità affettiva di mantenersi in contatto con fidanzate, genitori e parenti alla gestione di altre attività illecite: il 35enne albanese curava, ad esempio, la prostituzione della propria sorella e compagna attraverso l’inserzione in specifici siti di annunci e foto, l’indicazione alle donne di un vero e proprio codice comportamentale da tenere con i clienti su tempi e modalità dei rapporti, rimanendo talvolta in linea sia nella fase di “contrattazione” che di consumazione della prestazione sessuale. Ovviamente gli introiti, al netto delle spese di gestione, venivano versati dalle donne su una postepay che il detenuto gestiva direttamente dal suo efficiente smartphone comodamente dalla sua cella.