Manca poco alla sentenza sul caso Davide Cervia, ex sergente della Marina, esperto di guerre elettroniche, rapito nel 1990 davanti all’ingresso della sua casa a Velletri. A ottobre si è tenuta l’ultima udienza del processo contro i ministeri della Difesa e della Giustizia, citati in giudizio dai familiari di Cervia per non aver collaborato alla ricerca della verità, ma la richiesta dell’Avvocatura dello Stato di fare le conclusioni per iscritto (da consegnare entro 80 giorni) ha allungato i tempi di una sentenza, “prevista in primavera”, che la famiglia aspetta da 27 anni.
Un’attesa che sta diventando sempre più pesante, come testimoniato da Marisa Gentile, moglie di Davide, che qualche settimana fa si è sfogata in un lungo post sul gruppo Facebook dedicato alla vicenda, nel quale chiedeva agli amici di “non far mancare l’attenzione al caso di Davide e a tutto quello che potrebbe succedere ai familiari, facile bersaglio per coloro che vorrebbero cancellare definitivamente una storia così imbarazzante per le nostre istituzioni”. Non solo. A tingere ancora più di giallo questa storia è quanto accaduto alla figlia Erika, che ha presentato un esposto al commissariato di Velletri in merito a una misteriosa visita ricevuta presso la sua attività commerciale, lo scorso 9 febbraio, da un sedicente ispettore del Ministero che ha voluto vedere alcuni documenti, con fare sospetto, per poi congedarsi rapidamente. Un mister X dai “capelli e occhi scuri, sui 50 anni, magro, alto circa 1 metro 80, che ha richiesto l’esibizione di un documento del quale non avevo mai sentito parlare e alla richiesta di contattare il mio consulente fiscale ha risposto che non sarebbe stato necessario – ha scritto Erika Cervia nell’esposto chiedendo alle autorità di appurare chi fosse il soggetto in questione – non potendosi escludere atti intimidatori relativi alla nota vicenda di mio padre, Davide Cervia”. Un esposto arrivato dopo aver avuto la conferma delle strane modalità della visita poiché gli ispettori in questi casi si presentano in due, con obbligo di preavviso e redazione di un verbale. “Ci hanno detto che non è stato mandato nessuno – spiega a Il Caffè Erika Cervia – Questa persona mi ha chiesto documenti anomali e se lavoravo da sola. Ogni volta che siamo vicini alla verità accade qualcosa, anche prima di rapire mio padre c’erano stati eventi sospetti, speriamo che non succeda nulla e che la storia non si ripeta. Dopo quanto accaduto ho installato delle telecamere presso il centro estetico”.
Velletri, sentenza attesa in primavera
Caso Cervia, quella misteriosa visita al negozio della figlia
23/03/2017
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