L’associazione ha impugnato sia i provvedimenti di chiusura che il diniego del Comune al cambio di destinazione d’uso dei locali, supportata da otto genitori dei piccoli iscritti al nido. L’ente locale aveva negato l’autorizzazione sostenendo che strutture del genere sono incompatibili con la vocazione di una zona industriale. Rilievo contestato da “Cammino del Sole”, difesa dagli avvocati Andrea Gangale, Luigia Lazzaro e Luigi Luzi, specificando che la legge regionale in materia di asili e lo stesso regolamento edilizio legittimano invece la realizzazione di tali attività in qualsiasi zona urbanistica. I giudici amministrativi hanno respinto la tesi dell’associazione sulla formazione del silenzio-assenso dopo la richiesta presentata tre anni fa al Comune, ma hanno ritenuto valide le ragioni della stessa sulla mancata sanatoria, specificando che vi è stato “un orientamento di netta chiusura del Comune di Pomezia”. Nel corso del giudizio è emerso inoltre che in altri casi lo stesso ente ha applicato correttamente la legge, concedendo autorizzazioni a molti altri asili nido ricadenti sia in zona industriale che agricola. Ma vi è di più. Prima della sentenza vi erano infatti state anche tre ordinanze cautelari emesse dal Tar, che avevano sospeso i provvedimenti impugnati. Non essendo stato raggiunto un accordo tra l’associazione e il Comune, è così ora arrivata la decisione dei giudici. “Tale comportamento – specifica l’avvocato Luzi – è a dir poco “atipico” per un’amministrazione che è obbligata per legge ad agire non solo secondo diritto, ma anche lealmente con il privato, come ricordato dallo stesso Tar nelle ordinanze cautelari. Se il Comune avesse correttamente operato si sarebbe poi certamente evitato la cospicua condanna alle spese legali”. Tra sentenza e ordinanze ben settemila euro oltre accessori di legge. “Al momento – aggiunge il legale – vi è piena soddisfazione e gratitudine dell’associazione e dei genitori, che sono pure intervenuti nella causa per tutelare i figli, per l’esito di questo giudizio, che aveva messo in discussione la possibilità di mantenere aperta una struttura di massima rilevanza sociale, in
quanto destinata alla prima infanzia e che il Comune di Pomezia aveva invece inteso chiudere, trincerandosi dietro un diniego infondato e con atteggiamento che è più volte apparso “persecutorio” alla ricorrente. L’associazione valuterà anche in base al successivo comportamento del
Comune, che deve a questo punto conformarsi alla sentenza,
l’opportunità di agire per il risarcimento dei danni cagionati dai
provvedimenti dichiarati illegittimi dal Tar, tenuto debito conto del cospicuo danno all’immagine ricevuto”.
Clemente Pistilli