“Anche solo l’idea che possa tornare in libertà mi fa orrore”. Non usa mezzi termini l’avvocato della famiglia Calvani, Federico Bianchi, per commentare la notizia della richiesta di custodia domiciliare o di lavori socialmente utili inoltrata dalla sua controparte processuale che difende gli interessi del protagonista di uno dei casi di cronaca che maggiormente hanno scosso la comunità del capoluogo pontino negli ultimi anni. La sera del 2 settembre del 2012 un’auto in corsa stroncava la vita della giovanissima Alessia Calvani. Aveva solo quindici anni. Dopo un anno di indagini serrate e di appelli alla coscienza venne fuori la verità. A confessare tutto fu Emanuele Fiorucci, 43enne che venne poi riconosciuto colpevole di quattro reati, tutti molto gravi, che gli erano valsi nell’estate del 2014 una condanna a oltre sette anni di prigione. Aveva investito e ucciso la giovane, guidando senza patente, a bordo di un’auto rubata e facendo perdere – come se non bastasse – le proprie tracce per oltre un anno. Una storia che ha toccato nel vivo la comunità e che rischia di scrivere un altro triste capitolo. Infatti, le voci della richiesta del Fiorucci di ottenere uno sconto di pena e delle alternative alla pena carceraria hanno scatenato la reazione della famiglia Calvani e quella del suo agguerrito avvocato. “Questo soggetto dove verrebbe sistemato in caso di custodia domiciliare? Tornerebbe ad essere un vicino dei miei assistiti a Latina Scalo e questo sarebbe inaccettabile. Inoltre stiamo parlando di una persona che ha avuto il coraggio di rimanere nell’oscurità per oltre un anno fino a che non è stato incastrato dagli inquirenti e quindi per me c’è anche un evidente pericolo di fuga. Lo stesso si dica per il lavoro diurno con pernottamento in carcere. No, non si può accettare. La famiglia e io siamo d’accordo sul fatto che dare degli sconti di pena sull’omicidio di Alessia sia come ucciderla due volte e sarebbe come mandare all’aria il grande lavoro della polizia che ha indagato in maniera altamente professionale. A rimetterci non sarebbe solo la famiglia o la memoria della povera Alessia. A riemetterci sarebbe la giustizia italiana. Sarebbe inoltre una beffa troppo grande per la famiglia, visto che oggi con le nuove leggi sull’omicidio stradale l’omicidio della povera Alessia sarebbe valso al colpevole una pena ben più grave. Spero che i magistrati che dovranno decidere su queste richieste tengano presente la gravità dell’atto e la severità dell’attuale norma nel prendere la loro decisione”.
20/09/2017