Cosa vuol dire per te suonare all’Auditorium Parco della Musica?
«Sono otto anni che faccio concerti. Ho iniziato a 18 anni, poi piano piano ho fatto esperienze e ho girato continenti. Ma è sempre bello giocare in casa. Il primo concerto l’ho fatto a 18 anni in un localino di Roma poco lontano dall’auditorium e c’erano 20 persone. Alcune persone che c’erano quel giorno torneranno al concerto di giovedì e questa è un’emozione».
Avresti mai immaginato di arrivare, un giorno, sin qui?
«Suonare all’Auditorium è una consacrazione per tutti gli artisti. È considerato come un tempio per chi suona e lo è per me. Bisogna stare attenti a tutti i dettagli: dall’abbigliamento alle parole che si usano. Per me è una tappa curriculare oltre che un semplice concerto, un check point più che un punto di arrivo. Tante volte, quando ero più piccolo, mi sono chiesto “Chissà come sarebbe”. E, a un certo punto, i miei sogni si sono realizzati. Sapere che la serata è sold out mi ha fatto capire di aver imboccato bene una strada».
Da Latina ti seguono?
«Molto, ed è una cosa che mi accomuna ad altri artisti di Latina. E, devo dire, non l’avrei mai immaginato perché spesso sembra che in questa città l’arte sia sottovalutata. Invece c’è un grande pubblico che mi segue nei concerti e che so che ci sarà all’Auditorium».
Hai già suonato in mezzo mondo, ma qual è stato il momento che ha – per te – suggellato il successo?
«Quest’anno sono successe tante cose. Il mio disco è entrato tra i 100 dischi più venduti in italia nella settimana di lancio. Per me è s tato un colpo perché non ho fatto passaggi televisivi e radiofonici pochissimi. Ci sono entrato solo per il passaparola di chi è affamato di questo tipo di musica. Un altro momento importante è stato quando Spotify ha inserito Taksim su gli 80 brani più ascoltati del mondo. O quando ho raggiunto 2 milioni di ascolti su Spotify. A questi eventi si aggiunge la notizia del concerto all’Auditorium. Non ho mai aspirato alla celebrità, ma andare in diverse città e trovarsi il teatro pieno è una grande soddisfazione».
Al Parco della Musica, quindi, dobbiamo aspettarci il pienone?
«Si, è già sold out. Alcuni biglietti li ho venduti da solo. Soprattutto agli amici, per evitare che rimanessero senza posto a sedere. Alla fine sono quelli che comprano il biglietto per ultimi, quindi ne ho acquistati un po’ e glieli ho venduti».
Ci sveli qualche anticipazione di come si svolgerà il concerto?
«Ho pensato e ripensato a chi dedicare il concerto. Poi alla fine ho scelto: al pianista turco Fazil Say con cui mi accomunano tante cose. Per le sue posizioni molto democratiche è stato condannato (anche se poi non è stato arrestato), ma ha continuato a vivere a Instanbul. A gennaio ho avuto l’onore di cenare insieme a lui dopo un suo concerto a Milano e ho scoperto che ci accomuna anche una questione legata alla cittadinanza. Mio padre non mi ha mai riconosciuto come figlio in Turchia per non farmi avere la cittadinanza turca che mi avrebbe obbligato ad arruolarmi. Fazil Say è riuscito a fare il militare solo per alcuni mesi pagando molti soldi e mi ha raccontato di un ragazzo della nostra età che si è preso una pallottola in testa in trincea. Sono ragazzi come noi e ritengo che sia assurda una fine del genere per il nostro concerto di democrazia e pace. Racconterò questa storia e dedicherò a lui un brano».
di Bianca Francavilla