Continua a crescere l’inarrestabile febbre delle slot, e il Lazio registra cifre sempre più preoccupanti in questa epidemia incentivata dallo Stato. Con oltre 5 miliardi e 125 milioni di euro ‘giocati’, oltre un decimo dei 49 miliardi al livello nazionale, la nostra regione è seconda solo alla Lombardia – che totalizza oltre il doppio – per soldi messi in queste macchinette: i dati annuali più aggiornati si riferiscono al 2016.
L’epidemia ha infettato il Paese con due tipi di apparecchi. Le Vlt, anche dette videolottery, in sale dedicate ed accettano anche banconote consentendo puntate maggiori: ne risultano 6.960 nel Lazio. Mentre le Awp, come le chiamano in gergo burocrati e lobby del settore, sono quelle a monete che hanno invaso bar e tabaccherie. Nel 2016 erano 41.765 qui nel Lazio. A dicembre è stato presentato alla Camera dei Deputati il dossier “L’Italia delle slot”, realizzato da giornalisti dei quotidiani locali del Gruppo Gedi con il Visual Lab di Gruppo e la società Dataninja su dati ufficiali dell’Agenzia dei Monopoli.
Nel biennio 2015 – 2016 in quattro delle 5 province laziali il fiume di quattrini ficcato mediamente da ogni abitante in queste macchinette è aumentato, a cominciare dalla provincia romana (da 873 a 897 euro a testa), seguita da quella pontina (da 823 a 861 euro), quindi dalla Ciociaria (da 834 a 858) e dal viterbese (da 646 a 672 €). Solo a Rieti il dato è sceso da 584 a 567 euro.
Il Caffè ha elaborato i dati riferiti a paesi e città dove viene distribuito il nostro giornale. A parte rari casi, in tutti i comuni si registrano aumenti. Addirittura a Grottaferrata il valore è quasi raddoppiato. In termini di volume di denaro ‘giocato’ in slot Awp e Vlt, ovviamente è la Capitale a vincere su tutti con quasi 2,8 miliardi di euro nel 2016. In provincia di Latina il capoluogo totalizza il primato, con 162 milioni e 650mila euro. Se andiamo a vedere la spesa pro capite, al lordo di vincite e tasse allo Stato, in tutta l’area del Caffè è Latina il comune con la ‘giocata’ media più alta: 1.289 euro a testa. Segue Ariccia con 1.261 euro. Allarmanti anche quei 1.209 euro per abitante rilevati a Frascati, dove tale spesa era quasi un terzo più alta nel 2015. Si distinguono Rocca Massima, il piccolo paese dei Monti Lepini, con zero slot e zero euro, e Rocca di Papa con “soli” 163 euro a testa buttati nei 40 apparecchi presenti in paese. In provincia di Latina sulla medievale Sermoneta il moderno “buio” dell’azzardo di massa via slot si ferma a 224 euro pro capite. Rispetto al numero di aggeggi vampiri in rapporto alla popolazione, spicca Nemi con oltre 11 slot ogni mille abitanti, quasi il doppio di Roma! Nell’area pontina del giornale il Caffè è invece Terracina a detenere il primo posto nella classifica del numero di slot rispetto ai residenti: quasi 11 ogni mille persone. Per la prima volta vengono forniti dallo Stato questi dati, finora avvolti in una inqualificabile omertà.
Purtroppo confermano l’effetto sempre più nocivo dell’azzardo di Stato, in nome del fare cassa con le tasse. In realtà, l’incidenza della tassazione sull’azzardo è sistematicamente scesa. Sulle slot le aliquote sono fiscali inferiori all’Iva al 22% che paghiamo su quasi tutti i beni e servizi: il Preu, prelievo erariale unico, è del 19% per le Awp e del 6% sulle Videolottery. Per poter mantenere gli incassi fiscali, si è è aumentata l’offerta di azzardo in modo capillare, ovunque, a tutte le ore del giorni e della notte e senza nemmeno il bisogno di luoghi fisici (tramite i casinò on line) in barba al divieto del codice, aprendo di fatto anche ai minorenni la strada dell’azzardo come e quando si vuole. E il danno non è solo economico, visto che il consumo di azzardo è un moltplicatore negativo, sottrae cioè risorse all’economia vera e produttiva di beni e servizi reali, togliendo risorse anche allo stesso Fisco. Emblematica la Capitale: ogni famiglia romana spende in media 329 euro mensili per cibo e bevande (alcolici inclusi) contro i 331 tra slot e altre forme di azzardo. L’allarme riguarda la salute pubblica, a cusa della dipendenza da azzardo.
Una dipendenza senza sostanza, la definiscono psicologi e psichiatri: non c’è eroina, cocaina o alcol. Non a caso i Sert, i Servizi per le tossicodipendenze della Asl, sono stati recentemente ribattezzati Serd, servizi dipendenze, riconoscendo che anche senza sostanze psicoattive si può diventare schiavi. Lo ha ben spiegato recentemente in un’intervista Narciso Mostarda, psichiatra e direttore generale della Asl Roma 6, sottolineando che le slot sono progettate per indurre alla dipendenza. «Il giocatore sta lì prigioniero della velocità – ha detto il dottor Mostarda – e della necessità di mantenere l’attenzione altissima e questo genera cortocircuti cerebrali velocissimi». Per monitorare tutto ciò e limitare i danni, a luglio 2013 la Regione Lazio ha istituito l’Osservatorio regionale sul gioco d’azzardo patologico. Il bando per reclutare i 15 esperti è arrivato a ottobre 2016. Ad aprile scorso hanno stilato la graduatoria. «È sconcertante, non ci hanno chiamati», dice il prof Maurizio Fiasco, massimo esperto di azzardo italiano, primo in graduatoria. Abbiamo chiesto in Regione: nessuno risponde.
L’epidemia ha infettato il Paese con due tipi di apparecchi. Le Vlt, anche dette videolottery, in sale dedicate ed accettano anche banconote consentendo puntate maggiori: ne risultano 6.960 nel Lazio. Mentre le Awp, come le chiamano in gergo burocrati e lobby del settore, sono quelle a monete che hanno invaso bar e tabaccherie. Nel 2016 erano 41.765 qui nel Lazio. A dicembre è stato presentato alla Camera dei Deputati il dossier “L’Italia delle slot”, realizzato da giornalisti dei quotidiani locali del Gruppo Gedi con il Visual Lab di Gruppo e la società Dataninja su dati ufficiali dell’Agenzia dei Monopoli.
Nel biennio 2015 – 2016 in quattro delle 5 province laziali il fiume di quattrini ficcato mediamente da ogni abitante in queste macchinette è aumentato, a cominciare dalla provincia romana (da 873 a 897 euro a testa), seguita da quella pontina (da 823 a 861 euro), quindi dalla Ciociaria (da 834 a 858) e dal viterbese (da 646 a 672 €). Solo a Rieti il dato è sceso da 584 a 567 euro.
Il Caffè ha elaborato i dati riferiti a paesi e città dove viene distribuito il nostro giornale. A parte rari casi, in tutti i comuni si registrano aumenti. Addirittura a Grottaferrata il valore è quasi raddoppiato. In termini di volume di denaro ‘giocato’ in slot Awp e Vlt, ovviamente è la Capitale a vincere su tutti con quasi 2,8 miliardi di euro nel 2016. In provincia di Latina il capoluogo totalizza il primato, con 162 milioni e 650mila euro. Se andiamo a vedere la spesa pro capite, al lordo di vincite e tasse allo Stato, in tutta l’area del Caffè è Latina il comune con la ‘giocata’ media più alta: 1.289 euro a testa. Segue Ariccia con 1.261 euro. Allarmanti anche quei 1.209 euro per abitante rilevati a Frascati, dove tale spesa era quasi un terzo più alta nel 2015. Si distinguono Rocca Massima, il piccolo paese dei Monti Lepini, con zero slot e zero euro, e Rocca di Papa con “soli” 163 euro a testa buttati nei 40 apparecchi presenti in paese. In provincia di Latina sulla medievale Sermoneta il moderno “buio” dell’azzardo di massa via slot si ferma a 224 euro pro capite. Rispetto al numero di aggeggi vampiri in rapporto alla popolazione, spicca Nemi con oltre 11 slot ogni mille abitanti, quasi il doppio di Roma! Nell’area pontina del giornale il Caffè è invece Terracina a detenere il primo posto nella classifica del numero di slot rispetto ai residenti: quasi 11 ogni mille persone. Per la prima volta vengono forniti dallo Stato questi dati, finora avvolti in una inqualificabile omertà.
Purtroppo confermano l’effetto sempre più nocivo dell’azzardo di Stato, in nome del fare cassa con le tasse. In realtà, l’incidenza della tassazione sull’azzardo è sistematicamente scesa. Sulle slot le aliquote sono fiscali inferiori all’Iva al 22% che paghiamo su quasi tutti i beni e servizi: il Preu, prelievo erariale unico, è del 19% per le Awp e del 6% sulle Videolottery. Per poter mantenere gli incassi fiscali, si è è aumentata l’offerta di azzardo in modo capillare, ovunque, a tutte le ore del giorni e della notte e senza nemmeno il bisogno di luoghi fisici (tramite i casinò on line) in barba al divieto del codice, aprendo di fatto anche ai minorenni la strada dell’azzardo come e quando si vuole. E il danno non è solo economico, visto che il consumo di azzardo è un moltplicatore negativo, sottrae cioè risorse all’economia vera e produttiva di beni e servizi reali, togliendo risorse anche allo stesso Fisco. Emblematica la Capitale: ogni famiglia romana spende in media 329 euro mensili per cibo e bevande (alcolici inclusi) contro i 331 tra slot e altre forme di azzardo. L’allarme riguarda la salute pubblica, a cusa della dipendenza da azzardo.
Una dipendenza senza sostanza, la definiscono psicologi e psichiatri: non c’è eroina, cocaina o alcol. Non a caso i Sert, i Servizi per le tossicodipendenze della Asl, sono stati recentemente ribattezzati Serd, servizi dipendenze, riconoscendo che anche senza sostanze psicoattive si può diventare schiavi. Lo ha ben spiegato recentemente in un’intervista Narciso Mostarda, psichiatra e direttore generale della Asl Roma 6, sottolineando che le slot sono progettate per indurre alla dipendenza. «Il giocatore sta lì prigioniero della velocità – ha detto il dottor Mostarda – e della necessità di mantenere l’attenzione altissima e questo genera cortocircuti cerebrali velocissimi». Per monitorare tutto ciò e limitare i danni, a luglio 2013 la Regione Lazio ha istituito l’Osservatorio regionale sul gioco d’azzardo patologico. Il bando per reclutare i 15 esperti è arrivato a ottobre 2016. Ad aprile scorso hanno stilato la graduatoria. «È sconcertante, non ci hanno chiamati», dice il prof Maurizio Fiasco, massimo esperto di azzardo italiano, primo in graduatoria. Abbiamo chiesto in Regione: nessuno risponde.
10/01/2018