Dopo oltre un mese dalla tragedia della Kyklos, ancora non si conosce la verità sulla morte dei due operai di San Lorenzo Nuovo che la mattina del 28 luglio stavano lavorando nell’azienda di Aprilia, quando hanno perso improvvisamente la vita. Ancora non è dato sapere quale tipo di sostanza l’abbia uccisi ma soprattutto da dove provenisse. Ora i familiari cercano giustizia, ma soprattutto la verità. “Vogliamo giustizia e che non si dica che ciò che è accaduto nella Kyklos di Aprilia sia stato un semplice incidente sul lavoro, bensì due omicidi”, spiegano a Ermanno Amidei de Il punto a mezzogiorno Carla Papini e Stefano Broccatelli, rispettivamente sorella e cognato di Roberto Papini il 42enne morto insieme al collega e amico Fabio Lisei nello stabilimento di compostaggio pontino. “Se mio fratello fosse morto in un incidente stradale o cadendo dalla cisterna, quello sarebbe stato un incidente sul lavoro e me ne sarei fatta una ragione, ma se ad ucciderli è stata l’esalazione di una sostanza che qualcuno ha messo a loro insaputa tra il materiale che stavano caricando, ebbene questo è un omicidio, a mio avviso, anche doloso”. Roberto Papini e Fabio Lisei, dipendenti da anni della ditta Mira di Orvieto, si occupavano dello svuotamento delle vasche di percolato nello stabilimento Kyklos quando la mattina del 28 luglio sono morti a causa delle esalazioni di una sostanza nociva, l’acido solfidrico, che secondo il legale dei due familiari si trovava nel percolato. “Cosa ci faceva quell’acido nel percolato? Che cosa avevano smaltito? Mio cognato aveva in dotazione solo un paio di guanti, oltre alla tuta e alle scarpe da lavoro. Nessuna maschera per proteggersi da pericoli alle vie respiratorie proprio perché non c’erano rischi. Il percolato certamente non era profumato ma altrettanto certamente non doveva essere pericoloso”.
La procura di Latina ha sequestrato autocisterne e la stessa Kyklos iscrivendo nel registro degli indagati ipotizzando il reato di omicidio colposo plurimo, i responsabili della Kyklos, della società Eco 2000 che si è aggiudicata l’appalto, e la Mira subentrata in subappalto, azienda per la quale lavoravano le due vittime. In tutto 5 persone. L’avvocato Angelo Di Silvio, legale della ditta Mira è sereno: “Abbiamo fornito tutte le prove che dimostrano in maniera inconfutabile che le cisterne erano utilizzate solo per quella funzione, quindi le esalazioni assassine sono arrivate dalle vasche che le due vittime stavano svuotando. Sono certo che i responsabili della Mira, ben presto, da indaga saranno riconosciuti come parte lesa”. Dal canto suo la Kyklos spiega: “Kyklos non nasconde alcun segreto né rifiuto pericoloso. L’impianto tratta solo ed esclusivamente rifiuti organici, derivanti dalla parte umida di rifiuti prevalentemente provenienti da famiglie e scuole. La nostra attività, dal 2009 ad oggi, è stata oggetto di ripetuti controlli da parte della Polizia Forestale, dei Noe, dell’Arpa Lazio, della Provincia di Latina e di primari istituti di analisi. Mai nessuna irregolarità è stata riscontrata”.
“Questo perché Kyklos è un impianto tecnologicamente avanzato, trasparente e rispettoso dell’ambiente, oltre che parte fondamentale del ciclo di smaltimento dei rifiuti per tanti cittadini”, conclude, mantenendo il riserbo sulle indagini nel rispetto del lavoro della magistratura e del lutto dei familiari.