Per spiegare la loro battaglia hanno scritto una lettera, che è possibile trovare sulla pagina facebook “Assemblea permanente al quotidiano La Provincia”, insieme alle testimonianze quotidiane della loro battaglia:
«Per rispetto della Verita’. Il Dovere Morale di intervenire.
In questi giorni noi giornalisti del quotidiano La Provincia di Latina abbiamo letto dal direttore Celani e dal socio di riferimento del gruppo parole nobili, Verità, Dovere, Morale. Parole con le quali vogliamo confrontarci con senso di responsabilità. Viene chiamata in causa una Verità assoluta che tale non può essere, soprattutto se attribuisce ad altri una ingiusta colpevolezza senza appello. Secondo la ‘verità’ sostenuta dai nostri interlocutori di Frosinone ci sarebbe una redazione di giornalisti, quella ciociara, che è nata tra mille difficoltà, che ha lavorato sodo, senza orari e senza riposi, mettendo da parte famiglie e tempo libero. Una redazione che si è spinta sino in strada per ‘vendere’ il suo sudato prodotto e che “ha ancora la dignità di essere in edicola” come chiosa il Direttore responsabile. Dall’altra parte, sempre secondo questa Verità assoluta, c’è una redazione che ha “tirato a campare”, che “non si è preoccupata del prodotto e del venduto” composta da persone che non conoscono lo spirito di sacrificio. Chi sostiene questa tesi e chi ha avuto il coraggio di tirarla fuori anche in contesti istituzionali non ha avuto la volontà, se non raramente, di percorrere 50 chilometri e venire a vedere personalmente cosa accadeva nella sede pontina del quotidiano La Provincia. Entrando nella nostra redazione forse si sarebbero stupiti nel constatare che a Latina si lavorava oltre il dovuto, che nei primi anni giornalisti, grafici e personale della segreteria non hanno conosciuto orari, e che anche in seguito hanno rinunciato ai giorni liberi per seguire i propri settori, si sono visti scalare le ferie in busta paga senza dire nulla, hanno trascurato famiglie ed impegni perché l’impegno era solo uno: realizzare, nella forma e nei contenuti, un buon giornale.
Questo non rientrava tra i Doveri previsti dal contratto ma noi, come tutti coloro che amano il proprio lavoro e hanno senso di responsabilità, lo abbiamo fatto. Il Dovere oltretutto è un’altra parola abusata. In un rapporto di lavoro ognuno deve fare la sua parte. In questi anni i giornalisti della redazione di Latina hanno assolto i propri obblighi di lavoratori. Oggi stiamo aspettando che anche l’azienda faccia il suo. E non parliamo solo del dovere di corrispondere il dovuto per la prestazione lavorativa: le difficoltà ci possono essere e l’inchiesta della Finanza sui soldi pubblici percepiti dalla Effe è andata ad aggravare un quadro di crisi generalizzata dell’editoria, noi parliamo soprattutto del dovere morale (e qui citiamo il nostro editore) di fare chiarezza e dare risposte ai propri dipendenti. Chiarezza e risposte sono due parole che a noi sono state precluse.
Se non avessimo coinvolto i sindacati già due anni fa ci saremmo trovati in cassa integrazione (e non con un anno a regime di contratti di solidarietà) senza che dall’azienda fosse arrivata una parola in merito. Che l’editore volesse cessare le pubblicazioni dell’edizione di Latina lo abbiamo appreso nel corso di un incontro sindacale pochi giorni prima della data fissata per la chiusura. Non una parola da colui che, sulla carta, è il nostro Direttore responsabile. Per mesi abbiamo cercato chiarezza sul futuro, per mesi la Effe si sedeva ai tavoli con risposte contraddittorie e senza accettare o condividere proposte di rilancio della testata come sarebbe stato opportuno finanche per accedere alla procedura di cassa integrazione. Ora chi dalla Effe vuole far passare la tesi di un giornale produttivo e di un altro improduttivo avallando il comportamento discriminatorio verso i giornalisti di Latina nei pagamenti e nella gestione della controversia, ricordi due cose fondamentali. La prima è che noi non siamo stati assunti ‘ad obiettivo’: nel nostro contratto era prevista la qualifica di redattori con mansioni redazionali finalizzate alla pubblicazione del giornale. Non ci veniva chiesto di controllare, indirizzare o favorire le vendite, cosa peraltro in violazione con il nostro codice deontologico. Il nostro compito era fare il giornale e farlo rispettando la verità dei fatti e il principio della pertinenza, ovvero dell’interesse pubblico delle notizie della nostra provincia. Veniteci a contestare questo, giornali alla mano. La seconda cosa da ricordare è che, se da fine 2012 un calo delle vendite c’è stato (i dati li abbiamo anche noi e documentati), di questo deve assumere la responsabilità solo ed esclusivamente la Effe. E’ stata la Effe a dismettere l’abbinamento con il quotidiano Il Tempo (gli abbinamenti tra giornali si realizzano per essere più appetibili sul mercato come è stato per il quotidiano concorrente diretto su Latina e Frosinone), è stata la Effe a non rispettare gli accordi con la nostra concessionaria di pubblicità lasciandoci senza agenti pubblicitari, è stata la Effe a mandare a casa tutti i nostri collaboratori dai Comuni in una provincia come quella pontina, in tutto dissimile da quella ciociara, con città e macroaree popolose e distanti geograficamente dal capoluogo (Aprilia, Formia, Cisterna, Fondi). La Effe vada a rivedere le vendite prima che qualcuno decidesse di iniziare ad ‘impoverire’ l’edizione pontina con lo scopo di arrivare a quello che è stato fatto il 5 gennaio (chiudere). A noi “la dignità di continuare ad essere in edicola” è stata negata con una comunicazione via mail, e quella di riprendere le nostre cose è stata interdetta con una porta sigillata. E qui ci fermiamo. Senza andare oltre. Noi non abbiamo avuto la fortuna di lavorare con un direttore nella sede di Latina se non per brevissimi periodi, con un editore che aveva le quote nella squadra di calcio della città, con una proprietà presente che leggesse o conoscesse il prodotto da noi realizzato, noi non abbiamo avuto santi in paradiso e non siamo stati assunti per conoscenze. Siamo 21 persone che hanno assolto ai propri Doveri e che ora chiedono rispetto. Di un accordo, firmato in Regione, e di quanto è scritto nelle nostre buste paga. Ma soprattutto della nostra dignità di lavoratori. Questo per noi sarebbe Morale. Solo questo».