Incustodito e con il cancello lasciato aperto, alla mercé di incursori più o meno benintenzionati, l’antico Castello Sforza Cesarini, sulla Rocca di Ardea, è ormai preda di atti di vandalismo che stanno deturpando la struttura, d’accordo in rovina, ma comunque simbolo del passato della città rutula. Mura ricoperte da scritte, angoli cosparsi di rifiuti e immondizia fanno da cornice al vecchio castello che, pure, alcuni anni fa il Comune di Ardea si era detto intenzionato a recuperare, attraverso una richiesta di finanziamento (che avrebbe dovuto passare per una convenzione con i privati, la famiglia Sforza Cesarini proprietaria dell’area) per la ristrutturazione del maniero che, infine, avrebbe potuto essere messo a disposizione della comunità, attraverso la concessione di spazi da destinare ad area congressuale e museale e dedicati, per alcuni periodi dell’anno, ad uso pubblico.
Del progetto, che aveva ricevuto il parere favorevole della Soprintendenza e che prevedeva la ricostruzione del castello interamente su due piani com’era in origine, si è persa traccia e chissà se e quando sarà mai realizzato (o, forse, realizzabile). Intanto, resta il degrado del castello, cupa cartolina dalla Rocca di Ardea. Già in passato (nel 2012) la Polizia locale di Ardea aveva elevato sanzioni ai proprietari per violazione dell’ordinanza comunale sul decoro urbano, viste le pessime condizioni igienico- sanitarie del castello sulla Rocca della città: il maniero – oggi un rudere – costruito nel XV secolo e distrutto durante (e dopo, dagli stessi abitanti di Ardea) la seconda guerra mondiale, e lasciato nel degrado.
Del castello infatti, che appartiene alla famiglia Sforza Cesarini dal 1564 (i Cesarini lo acquistarono dai Colonna, che lo fecero costruire nel 1421), oggi rimangono solo le rovine del piano terreno, le mura e i bastioni. Qui potevano rifugiarsi gli abitanti di Ardea, secondo gli accordi statutari, in caso di pericolo. Abitanti che, come raccontano le memorie storiche della città rutula, nel secondo dopoguerra contribuirono a smontare il palazzo (gravemente danneggiato durante il secondo conflitto mondiale) per recuperare pietre da destinare alle loro case.