«Di mattina presto i tedeschi vennero in caserma, ci radunarono nel piazzale e ci dissero di riconsegnare le armi perché ci mandavano a casa – ricorda –. La cosa era sospetta. Infatti, appena restituite le armi divennero aggressivi e ci fecero salire sui camion per portarci alla stazione Ostiense. Lì ci ammassarono nei vagoni merci con due balle di paglia per lettiera». Dopo 3 giorni di viaggio Mario giunse in Germania e per lui iniziarono 21 mesi di prigionia. «Ci tolsero la divisa, assegnarono una matricola e ci smistarono. A me toccò la matricola 36892 ed il campo di lavoro di Klagenfurt». Esperto muratore, lo misero a capo di una squadra di 6 ex carabinieri. Ogni giorno dovevano percorrere a piedi circa 14 chilometri per andare e tornare dal lavoro. A seguito di un contrasto avuto con il capocampo, fu denunciato per atto di sabotaggio; per questo trasferito in un campo di prigionia e rinchiuso in una piccola cella a dormire per terra. «Mi fecero uscire dopo 8 giorni facendomi trovare la valigia. Pensai che per me fosse finita». Invece lo trasferirono in un altro campo da dove riuscì a scappare scavalcando un doppio recinto alto 3 metri. Dopo una breve fuga, fu catturato e portato dal comandante. «Questo urlava puntandomi il dito fino a sfiorarmi gli occhi, ma non mi toccò perché non mi ero umiliato. Volle vedere da dove ero scappato e poi disse: Italiani diavoli!».
Questa volta lo trasferirono al Lager di Selzthal per lavorare in miniera. «Avevo capito che la guerra si metteva male per i tedeschi così in 6 decidemmo di tentare la fuga. Era il 17 aprile 1945 e con il cuore gelato raggiungemmo Innsbruck. Vestiti alla meglio e con documenti falsi, arrivammo verso mezzanotte alla frontiera. Mentre i soldati ci chiedevano i documenti, allungai con un piede lo zaino sotto la sbarra, poi passai pure io e cominciai a correre e gli altri con me. Riuscimmo miracolosamente a farla franca. Iniziò allora un avventuroso viaggio di ritorno verso casa in parte a piedi, il resto con mezzi di fortuna, incontrando famiglie e partigiani che ci accolsero e diedero da mangiare».Quando Mario, la sera dell’8 maggio 1945, rientrò a Cisterna trovò solo macerie. La casa che aveva costruito con il padre non c’era più, ma fortunatamente la famiglia era salva. Solo il 14 maggio, finalmente poté riabbracciare Marcella, la sua fidanzata, e da allora non si sono più lasciati.