Ma irrompe una novità in quella che sembra essere una decisione già presa e sulla quale la maggioranza a 5 stelle si ritroverà ancora una volta compatta: l’atto di diffida presentata dai proprietari dei terreni oggetto della variante annullata. Secondo loro, “il Comune di Pomezia a distanza di oltre sei anni dalla data di adozione della variante, comunicava l’annullamento della variante in quanto basata su calcoli errati” ma l’annullamento in sé sarebbe “palesemente illegittimo per contrasto sia con i principi giuridici in materia di atti di ritiro, sia per carenza di presupposti di fatto”.
Doveva, secondo i proprietari, intervenire la Regione con un pronunciamento favorevole in quanto “lo jus poenitendi non è più esercitabile dal Comune dopo la fase dell’approvazione regionale”. Il potere di autotutela non può essere fatto in maniera unilaterale quando i soggetti coinvolti sono più di uno. Ma soprattutto mancano elementi di “ragionevolezza nella valutazione dei diversi interessi coinvolti”.
Il Comune la pensa diversamente: I dati emersi dall’esame degli Uffici tecnici comunali rileverebbero la “carenza della dotazione minima di standard urbanistici, vale a dire di aree da destinare a verde pubblico, parcheggi, impianti sportivi, strutture di aggregazione sociale per famiglie, giovani e anziani, una scuola secondario di primo grado. L’annullamento in autotutela e la conseguente ripianificazione dell’area vanno nella direzione della tutela dell’interesse pubblico e di un corretto utilizzo del territorio”.
La palla è rimandata al Consiglio comunale. Ma nella diffida si avverte che qualora l’annullamento in autotutela della variante saranno “adite le autorità giudiziarie anche per accertare le personali responsabilità di tutti gli organi comunali oltre ad ottenere il risarcimento di tutti i danni per l’emanazione di un provvedimento palesemente illegittimo”.