L’Italia non è un paese per ricercatori. Questo il cuore della polemica venuta a galla a livello nazionale negli ultimi giorni, alla luce dei dati emersi dalla ricerca condotta da ADI sui dottorati. Secondo quanto emerso, gli studenti che proseguono a studiare dopo la laurea dedicandosi ad un’attività di ricerca non sarebbero ricompensati: poche le borse di studio a disposizione e poche le strade che il sacrificio apre.
Ma non sempre è così. Un particolare caso riguarda proprio la città di Latina, nella quale, anche se non è noto ai più, vengono svolte attività di ricerca nei laboratori del Polo Pontino, la sede distaccata de La Sapienza Università di Roma. Il Caffè ha domandato al professore Giuseppe Bonifazi, direttore del CE.R.S.I.TE.S. (Centro di Ricerca e Servizi per l’innovazione Tecnologica Sostenibile) quanto ne valga la pena proseguire l’attività di studio e quanto possa essere utile farlo in una città come Latina. Dall’esperienza del professore è emerso che, tolta qualche piccola macchia nel sistema, scegliere di proseguire lo studio in una città come Latina, più piccola rispetto alla bolgia della città universitaria di Roma, porta i suoi risultati. Come nel percorso quinquennale di Economia, Ingegneria e Medicina in cui gli studenti hanno la possibilità di essere seguiti da vicino dai professori universitari, accade anche con le attività di ricerca. Coloro che partecipano al concorso per diventare dottore di ricerca bandito dall’università La Sapienza di Roma possono scegliere di effettuare attività di ricerca nei laboratori del Polo Pontino, in funzione dei laboratori esistenti e della didattica. «Il dottorando – spiega Fabio Potenza, un ricercatore pontino – decide autonomamente anche in funzione del suo professore di riferimento (responsabile scientifico del lavoro) le tematiche che vuole affrontare. In funzione della sua ricerca può utilizzare i diversi laboratori de La Sapienza. Il mio gruppo si trova a Latina perché specializzato nel riciclo dei materiali, caratterizzazione e analisi iperspettrale». Ma non è l’unico ambito di ricerca: svariati i campi di studio in ambito economico, medico e ingegneristico. Attualmente, il numero di giovani impiegati in un’attività di ricerca nel Polo Pontino che percepisce circa 1000 euro al mese è in linea con con quello di Roma. Con la differenza che qui è più semplice entrare in contatto con le aziende e, dunque, trovare lavoro una volta terminato il percorso di ricerca. Questo, potrebbe essere ancora più affinato, come spiega il professore: «Un territorio piccolo come quello di Latina potrebbe portare più facilità a livello occupazionale e a livello di ricerca. Quello che manca all’università di Latina è un coinvolgimento da parte delle istituzioni. Sarebbe bello che università e aziende potessero portare risorse insieme».
Più possibilità di trovare lavoro
Università : l’Italia non è un paese per ricercatori… ma Latina sì
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