«Di fronte all’ennesima dichiarazione di esponenti di Casapound che si arrogano il diritto, concesso da non si sa chi, di parlare di Santa Palomba e a nome degli abitanti di Santa Palomba, io personalmente non posso rimanere in silenzio». Abbiamo ricevuto questa lettera inviata da un lettore, residente nel quartiere Roma 2, in cui si contestano alcune dichiarazioni fatte da esponenti di Casapound Italia. Il gruppo ha rivendicato nei giorni scorsi l’affissione di alcuni manifesti abusivi di fronte al residence 3C di via Cesare Fiorucci, che ospita un centinaio di richiedenti asilo, e al centro di Pomezia.
«Viene ripetutamente descritto uno scenario non da terzo ma da quarto se non quinto mondo – scrive il lettore – Discariche abusive, prostitute, persone che bivaccano sulle giostre o sulle panchine. Questa è l’immagine che, per l’ennesima volta, persone che non vivono il quartiere, non lo frequentano né probabilmente l’hanno mai frequentato forniscono di una zona periferica che, anche grazie al Comitato di Quartiere, cerca di respirare e restituire un’immagine di normalità nonostante le difficoltà palesi che la zona presenta.
Se queste persone effettivamente frequentassero le zone di cui parlano potrebbero vedere con i loro occhi bambini che giocano tranquilli, indisturbati e soprattutto non spaventati. I ragazzi del residence, che si vuol descrivere come mostri ma che mostri non sono, vivono il parco esattamente come noi. Seduti su delle panchine a parlare tra di loro. Altri, esattamente come chi nel quartiere ci vive, sfruttano il parco per fare attività fisica, correndo. Se queste persone effettivamente frequentassero questa zona, si renderebbero conto che le prostitute sono situate solo su via Ardeatina mentre qui a Roma 2, per fortuna, è da molto tempo che non se ne riscontra più la presenza. Potrebbero osservare come il sottopasso non viene utilizzato nemmeno dalle persone che qui ci vivono, quanto meno alcune, che continuano a preferire il passaggio sui binari. Questo per far capire che è una questione di “educazione” o “civiltà” che prescinde e dall’etnia e dal colore della pelle».
«Non volendomi dilungare, concludo invitando a non attribuire a questa zona un’immagine che non le appartiene – conclude – Il nostro quartiere, come dimostra anche la festa tenutasi la settimana scorsa, è vivo e soprattutto ha voglia di “vivere” non di essere oscurato da questi luoghi comuni».
Enrico Della Ragione