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L’operazione dei carabinieri non coinvolge formalmente la politica, ma emerge un quadro preoccupante

Anzio e Nettuno, l’ombra della mala nella gestione politica

Anzio e Nettuno, l’ombra della mala nella gestione politica

Da 22 anni ad Anzio e Nettuno opera e fa ricchi affari una locale di ‘ndrangheta. Con il narcotraffico e non solo. Un’evoluzione di quell’organizzazione messa in precedenza dai Gallace, dai Tedesco e dai Perronace che, finita al centro dell’inchiesta denominata Appia, portò nel 2005 allo scioglimento per mafia del consiglio comunale della città del tridente. Un’associazione mafiosa in grado di condizionare la politica, puntando su determinati candidati e ottenendo poi in cambio appalti pubblici. Sono queste le ipotesi alla base dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma, che ha ottenuto dal gip Livio Sabatini 65 arresti.
Gli indagati sono 78 e non risultano tra loro politici. Molti però i rapporti tra pubblici amministratori e quello che sarebbe un agguerritissimo gruppo criminale, che avrebbe avuto rapporti anche con la malavita albanese, con gli Alvaro e con il clan Senese, senza contare che, per una vicenda di estorsione, avrebbe ricevuto una richiesta d’aiuto anche da un uomo del calibro di Fabrizio Piscitelli, meglio noto come Diabolik.
A mantenere i contatti con appartenenti alle amministrazioni comunali di Anzio e Nettuno, mediante i quali il sodalizio sarebbe riuscito ad infiltrarsi negli appalti pubblici pilotandone le assegnazioni, secondo gli inquirenti era soprattutto Davide Perronace, messo ora in carcere. Sono stati monitorati dagli investigatori in particolare i due sindaci, Candido De Angelis e Alessandro Coppola, e 16 tra gli attuali assessori e consiglieri comunali. Per favorire la ditta di autospurgo dello zio Agazio, secondo l’Antimafia Perronace sarebbe arrivato anche a minacciare l’ex consigliere comunale di Anzio, Antonio Geracitano, socio del gruppo Eco imballaggi srl, che si occupava dei lavori di manutenzione delle fogne nelle scuole neroniane: «Stai buono che ti meno immediatamente… a te già non ti doveva venire l’idea di fare questa cosa, perché poi lo sai che viene qualcuno e ti dice oh che stai a fare?… se fai un altro intervento e se hai il camion mo che sta facendo l’intervento alla scuola, lo chiami e gli dici che se ne devono andare».
Per il gip, sul “condizionamento delle elezioni politiche” nei due Comuni, sono stati raccolti “numerosi elementi probatori comprovanti l’effettivo ed efficace inserimento del sodalizio criminale nelle giunte comunali dei due enti locali”.
Gli inquirenti evidenziano presunti contatti tra il sindaco De Angelis e la locale di ‘ndrangheta che avrebbe avuto come capo il pregiudicato Giacomo Madaffari. Davide Perronace, intercettato, ha sostenuto che il primo cittadino avrebbe detto al figlio Gabriele: «Che gli devo mandà a tuo padre? A disposizione, pigliati quello che ti pare. Qualsiasi cosa… i soldi, avvocati. A me guarda sono a disposizione». Mentre Madaffari, parlando del sindaco Coppola ha detto che è “un amico” e che se li avessero visti insieme li avrebbero arrestati. Il gip Sabatini indica 5 assessori di Anzio come quelli che avrebbero avuto sostegno dalla presunta associazione mafiosa: l’assessore all’ambiente e sanità Gualtiero Di Carlo, che avrebbe anche dato rassicurazioni ai Perronace quando si lamentavano di appalti poco remunerativi (“Devo parlà io co’ Candido direttamente”), l’assessore alla scuola Laura Nolfi, passata da FI a FdI, il vicesindaco leghista Danilo Fontana, l’assessore alle politiche del territorio Gianluca Mazzi, e l’assessore alle attività produttive Valentina Salsedo. Si precisa che nessuno di loro è indagato.
Secondo gli inquirenti, la presunta organizzazione criminale avrebbe inoltre diretto voti sui consiglieri comunali Cinzia Galasso, Giuseppina Piccolo e Aristodemo Lauri, della Lega, sull’ex azzurro Marco Maranesi, che in passato avrebbe anche ricevuto un prestito di 20mila euro da Madaffari, e sui consiglieri della civica De Angelis, Lucia Pascucci, Matteo Silani, e Flavio Vasoli. Voti sarebbero infine stati indirizzati all’ex assessore azzurro Pino Ranucci, che Davide Perronace chiamava zio, e al candidato Roberto Camilli, sempre di FI, oltre che al candidato leghista Rodolfo Zecchini.
Perronace diceva di Ranucci: “Io ci do una mano a Pino il lombetto perché qualsiasi cosa lo chiami ed è sempre disponibile”. Il consigliere Massimiliano Millaci, eletto con Forza Italia e passato con l’Udc, già indagato per narcotraffico, sarebbe invece stato ingaggiato da Francesco Dionisi, uno degli arrestati, per recuperare dei soldi da Emanuel Ottaviani, indagato messo ai domiciliari, a cui Dionisi aveva consegnato mezzo chilo di cocaina. Ma voti ai Perronace, per gli inquirenti, sarebbero stati chiesti anche dal candidato sindaco Raffaele Madonna. Evidenziate quindi dalla Dda le conversazioni tra l’assessore leghista alle politiche sociali di Nettuno, Maddalena Noce, che ha chiesto a Gabriele Perronace voti per Anna Sannini, moglie del funzionario comunale di Anzio, Aurelio Droghini. E ipotizzato il sostegno elettorale della presunta organizzazione mafiosa al consigliere comunale nettunese Luca Ranucci, figlio di Giuseppe, a cui Gabriele Perronace avrebbe anche sistemato casa gratis, e alla consigliera comunale Lucia De Zuani, eletta con la Lega e passata a Forza Italia. Il fratello di quest’ultima, Stefano, è stato intercettato mentre parlava direttamente con Bruno Gallace: “Oh damme na mano compà”.
Vincenzo Italiano, anche lui messo in carcere, inoltre parlando di appalti a Nettuno assicurava: “La Zuani sta con noi”. E sul parcheggio a piazzale Berlinguer diceva: “Er parcheggione so… l’appalto so 6-700 mila euro… ma pure che 100mila te le metti in tasca”. Intercettato poi il candidato Pietro Celani, che per gli investigatori avrebbe parlato del sostegno a lui garantito dai Gallace.

Clemente Pistilli

 

Le assunzioni alla Camassa

Un’organizzazione criminale che avrebbe anche deciso chi doveva essere assunto dalla Camassambiente, la società che aveva vinto l’appalto per la raccolta rifiuti ad Anzio. In una conversazione intercettata tra il funzionario comunale Aurelio Droghini e il collega Walter Dell’Accio il primo ha detto: “Li hanno messi loro…che li abbiamo messi noi?”. Dell’Accio: “Appunto”. Droghini: “Le liste ce le davano loro, liste del personale che dovevamo assumere”.

 

Comune sottomesso a interessi privati

La macchina amministrativa era, in qualche modo, sottomessa agli interessi di Perronace. Scrive il gip Sabatini: «Nel corso del dialogo con Gallace, Perronace affermava di avere esplicitamente minacciato Maurizio Perica, impiegato presso il secondo ufficio tecnico lavori pubblici del comune di Anzio». Il dipendente pubblico era colpevole di aver affidato un lavoro non al boss ma a un altro membro della sua famiglia: «C’ho detto Mauri’ quello è mio zio…però a me non mi devi prendere per il culo! Quindi dato che mi hai preso per il culo mo ti dico una cosa: se mio zio Agazio infila il canale dentro ad un pozzetto… ti faccio ricordare dico il giorno che mi hai conosciuto a me! Faccio in modo che non ti fai più la barba!».

15/06/2022
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