Come ha iniziato il percorso artistico delle sue particolari danze ?
«I miei inizi artistici, gli esordi, il legame con Ariccia. Diciamo che ho sempre avuto la propensione molto spiccata verso l’arte, in particolar modo per il disegno e la danza fin da bambina. Ricordo che già all’età di sette anni mi divertivo a creare le mie coreografie e ad imitare quelle delle danzatrici in tv in particolare Lorella Cuccarini e Heather Parisi. Poi da piccola ho studiato danza classica con la sublime Susanna Serafini all’istituto superiore di danza di Ariccia, ma non per molto, ho poi deviato sulla ginnastica ritmica, perché evidentemente, già da allora, mi piaceva l’aspetto acrobatico e il rapporto alla materia».
Il suo passato di studio artistico è stato lungo e impegnativo?
«Per molti anni poi ho totalmente messo da parte le mie passioni artistiche a favore dei miei studi, e solo durante il periodo universitario ho ricominciato a nutrirle partendo dal teatro. Ho dapprima frequentato una formazione a Roma, metodo Stanislavskij, poi sono entrata a far parte della compagnia Teatrale X-Pression di Velletri, con la quale ho lavorato fino alla mia partenza in Francia nel 2013. Nel contempo ho frequentato altri corsi di formazione a Frascati con Andrea Plithakis, ad Ariccia nella nascente accademia del regista Giacomo Zito. Ed è proprio li, in uno stage intensivo che ho conosciuto uno dei miei maestri di danza, Alessandro Pintus, che mi ha fatto conoscere ed apprezzare il mondo della danza Butoh. Facendo teatro, infatti, mi ero sempre più resa conto che volevo andare verso un linguaggio più gestuale ed avevo cominciato a frequentare workshop di teatro-fisico, teatro gestuale con vari maestri, esplorando metodi come ad esempio Lecoq. Nel frattempo avevo già cominciato a condurre degli atelier di teatro per le scuole primarie di secondo livello indirizzati a ragazzi con difficoltà sociali, diventando anche insegnante».
Come è andata l’esperienza in Francia?
«Al mio arrivo in Francia, molto in fretta mi sono inserita nel mondo della danza Butoh (anche grazie alla mia attività di traduttrice che mi ha portato a tradurre un libro proprio sulla danza butoh) e ho proseguito nella mia formazione di teatro gestuale e mimo con varie compagnie, continuando nel frattempo la mia formazione di danza con Juju Alishina (autrice del libro che ho tradotto), integrando nel contempo vari progetti di danza con altre compagnie. È stato solo nel 2014 che la mia attività di danzatrice/coreografa è cominciata. Dapprima per gioco, prendendo parte a vari eventi/festival, poi in modo più serio quando ho capito che avevo bisogno e le competenze sufficienti per creare il mio personale stile di danza che mescolasse tutte le forme d’arte, che avesse un rapporto molto forte con la materia (creazione di costumi, uso di marionette, maschere, strumenti e materia di vario tipo), che comprendesse al suo interno il teatro, una precisa estetica che combinasse la semplice plasticità del corpo con scenografie più complesse e l’alternarsi di ritmi molto diversi, dalla lentezza ipnotica alla frenesia di una danza liberatoria».
Oltre la danza butoh che ha rappresentato in scena ad Ariccia domenica scorsa facendo il pienone e riscuotendo grande successo, ci sono altri tipi di performance nel suo carnet artistico?
«In effetti si, sono una artista poliedrica, a cui piace esplorare altre esperienze. Così ho poi scoperto la danza contact improvisation ed ho iniziato a frequentare corsi di questa disciplina, partecipando a varie jam-session integrative che includevano la presenza di un pubblico misto di persone “valide” e di persone con disabilità di vario tipo. Ed è proprio grazie a questa scoperta che il mio interesse verso il mondo della disabilità mi ha portato a scegliere di frequentare la formazione universitaria di Danza Movimento Terapia, la modalità più adeguata di unire il mio amore per l’arte alla mia passione per la psicologia. Per i due anni di formazione ho alternato lo studio con il tirocinio professionale specializzandomi con portatori di disabilità gravissime, Alzheimer, schizofrenici, autistici e bambini con disturbi della personalità e dell’apprendimento. Nel contempo proseguivo la mia carriera artistica creando soli di danza, realizzando performance in-situ in luoghi atipici come musei e gallerie d’arte, realizzando improvvisazioni ed happening. A questo lavoro ho abbinato inoltre il mestiere di modella d’arte, attività che ha nutrito e arricchito la mia ricerca sulla danza e sul linguaggio de corpo».
Il suo percorso come si è evoluto tra l’Italia e Parigi negli scorsi anni?
«Una volta conseguita la laurea, ho abbinato il mio lavoro di danzatrice/creatrice di performance con quello di danza movimento terapeuta, dando vita ad atelier a scopo terapeutico, artistico, pedagogico e di crescita personale in Italia ed in Francia, collaborando con varie strutture quali scuole e associazioni di prestigio e grande professionalità che mi hanno portato ad un bagaglio di conoscenza ed esperienza sul palco e nell’insegnamento, che mi ha reso molto più padrona di me stessa, ma il mio percorso artistico è sempre in evoluzione e nei prossimi mesi vorrei portare delle novità sul palco a cui sto lavorando. Spero di potermi esibire di nuovo ad Ariccia e anche nella capitale prossimamente».
Sentiremo sicuramente parlare di Corinna Torregiani, che non finisce mai di stupire e regalare emozioni al suo pubblico. L.S.