A dieci mesi di distanza dalla domenica di sangue quella di Colle Romito resta una strage senza un perché. I carabinieri del Ris di Roma hanno vivisezionato i dispositivi informatici dell’assassino senza trovare alcuna traccia che potesse far pensare a un istigatore o anche più semplicemente a una pianificazione della mattanza. Nessun elemento utile su telefonino, computer e altri materiali sequestrati nella casa dell’ingegnere informatico Andrea Pignani, che il 13 giugno dell’anno scorso si trasformò in uno di quei killer che si vedono nelle serie tv. Resta e resterà un mistero il perché di quegli omicidi, partendo da quelli di due bambini. Pignani, uscito dalla sua abitazione nel consorzio di Ardea con la pistola appartenuta al padre morto sette mesi prima, una guardia giurata, fece fuoco e uccise Salvatore Ranieri, un pensionato di 74 anni, e i due fratellini David e Daniel Fusinato, di 5 e 10 anni. Un’oasi verde, dove ottomila persone hanno cercato rifugio soprattutto dal caos di Roma, si trasformò in un inferno. Si disse subito che le vittime avevano solo avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato e che il 35enne aveva agito come in preda a un raptus omicida. I carabinieri hanno sospettato che potesse essere stato guidato da qualche cattivo maestro incontrato sul web o che potesse aver lasciato qualche indizio su una pianificazione di quei delitti. Hanno cercato a lungo risposte, ma invano. Dopo la mattanza Pignani si è tolto la vita e non ha lasciato spazio a spiegazioni per quell’orrore, ma probabilmente neppure lui ne aveva.
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