Solo comparse da ieri mattina martedì 18 ottobre le prime antenne di telefonia mobile sul maxi traliccio situato in via Tiziano, all’angolo con piazza Giotto, nella frazione di Pavona di Castel Gandolfo. L’installazione è stata autorizzata dal Tar Lazio, il Tribunale Amministrativo del Lazio, venerdì scorso 14 ottobre con sentenza n. 13127. E’ stata bocciata dai giudici amministrativi la linea difensiva del comune di Castel Gandolfo condannato, tra l’altro, a pagare le spese legali pari a 2mila euro. La difesa dell’amministrazione comunale è stata smontata pezzo per pezzo dal collegio giudicante guidato dalla dottoressa Donatella Scala. Il ricorso era stato promosso il 24 maggio 2021 da un’azienda di telefonia mobile. Lo sconcerto dei cittadini, certo, resta forte, al netto delle scartoffie giudiziarie. Il traliccio difatti è situato davanti ai palazzi, nel senso letterale del termine. E, soprattutto, ad una manciata di metri da luoghi altamente sensibili, così ci racconta Adriana Salari, combattiva presidente dell’associazione Pavona per la Tutela della Salute. “Parliamo dell’asilo di via Tiziano n.18 – così ci spiega la Salari – situato ad appena 55 metri lineari di distanza dal traliccio. Poi ancora l’asilo Pio XII, a soli 80 metri. Poi la scuola media Dante Alighieri a 140 metri. Poi ancora il centro anziani di via Roma, a soli 190 metri. E, infine, la parrocchia Sant’Eugenio, coi suoi campi da calcio, basket e tennis, che aggrega ogni giorno centinaia e centinaia di bambini, a 195 metri. Sabato 5 novembre – annuncia la Salari – i cittadini terranno assemblea pubblica che si svolgerà alle ore 17 sotto il traliccio”.
In foto, operai al lavoro sul traliccio.
LA SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5588 del 2022, proposto da
Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Elena Mele, Veronica Vitagliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Castel Gandolfo, non costituito in giudizio;
nei confronti
Vodafone Italia Spa, Telecom Italia Spa, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
per l’annullamento
ANNULLAMENTO, PREVIA SOSPENSIONE
1. Del provvedimento prot.004984 del 14.03.2022 del Comune di Castel Gandolfo (RM) di annullamento in autotutela del titolo formato per silenzio assenso relativo all’istanza depositata in data 24 maggio 2021 per la realizzazione di una nuova infrastruttura per telecomunicazioni su cui sono ospitati gli impianti dei gestori TIM e VODAFONE nel Comune di Castel Gandolfo alla via Tiziano snc – foglio 14 p.lla 650 e contestualmente “…diniega la richiesta porot.9794 del 25 maggio 2021 si installazione di impianto di telefonia multigestore…”;
2. Del Piano di Riassetto Analitico delle Emissioni Elettromagnetiche e di localizzazione adottato con Delibera di C.C. del 16/2013 per quanto lesivo;
3. Di tutti gli atti presupposti e consequenziali, comunque connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2022 il dott. Marco Bignami e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato Inwit spa ha impugnato l’annullamento del silenzio assenso formatosi su istanza presentata ex art. 87 d.lgs. n. 259 del 2003, ai fini della installazione di un impianto di telefonia presso il Comune di Castel Gandolfo, via Tiziano.
L’istanza è stata presentata il 24 maggio 2021, mentre solo il 9 febbraio 2022 è stato avviato il procedimento di autotutela.
Quest’ultimo è sfociato nell’atto impugnato del 14 marzo 2022, impropriamente qualificato quale “convalida” della comunicazione di avvio del procedimento.
Il ricorso è fondato, come già apprezzato in fase cautelare.
A fondamento dell’annullamento, il Comune ha posto anzitutto la circostanza che l’istanza del 24 maggio non sarebbe stata caricata correttamente sulla piattaforma digitale dell’ente, in quanto “non in conformità ai modelli dell’ente”.
Il primo motivo di ricorso si palesa incongruo rispetto a tale motivazione, nella parte in cui lamenta che il Comune non avrebbe potuto esigere l’inoltro della domanda allo sportello dell’edilizia (SUE), anziché a quello delle attività produttive (SUAP), perché l’atto impugnato è univoco nel chiarire che l’annullamento è disposto non per tale ragione, ma a causa di una difformità dalla modulistica.
Il motivo è invece fondato, nella parte in cui denuncia violazione di legge, posto che l’amministrazione non avrebbe potuto esigere l’adesione ad una modulistica non prevista dalla legge, ma introdotta dal Comune.
Difatti, deve ritenersi illegittimo un diniego fondato sulla circostanza secondo cui l’istanza non è presentata con la modulistica dedicata, la quale costituisce un mero ausilio offerto ai privati, il cui mancato utilizzo non autorizza l’amministrazione a rigettare la domanda (cfr Tar Liguria, n. 15 del 2019, in tema di accesso).
Ne consegue, a maggior ragione, che tale profilo non può giustificare l’esercizio del potere di autotutela, in disparte, per irrilevanza, la circostanza se, al contrario, essa possa ostare alla formazione del silenzio, punto sul quale il Comune stesso si dimostra rimessivo, posto che procede ad annullare gli effetti di quest’ultimo, assumendone quindi la intervenuta sussistenza.
La seconda ragione posta a base dell’annullamento consiste nel rilievo per cui l’impianto sarebbe stato collocato al di fuori del Piano di rete, ossia in un luogo di “alta concentrazione di popolazione”.
Sempre con il primo motivo è denunciata, in via assorbente, la violazione dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, perché il Comune non può introdurre limiti alla localizzazione degli impianti, ed è impugnata la delibera del Consiglio comunale n. 16 del 2013, recante il regolamento per l’installazione degli impianti di telecomunicazione.
Sul punto, il Tribunale osserva che una norma regolamentare che renda meramente preferenziale l’allocazione degli impianti presso i siti individuati dal Comune corrisponde all’esercizio dei poteri di gestione degli insediamenti, per il profilo edilizio e urbanistico, attributi ai Comuni dal già citato art. 8 della legge n. 36 del 2001, a condizione che, nel concreto, la selezione dei siti non precluda l’installazione altrove di impianti, dotati di analoga capacità di diffusione. Viceversa, è illegittimo l’obbligo di allocare l’impianto presso le sole aree individuate a tal fine dal Comune, quando esse non permettano in concreto il raggiungimento dell’obiettivo (ex plurimis, tra le pronunce della Sezione, sentenza n. 2591 del 2021).
“La mera collocazione di una nuova SRB al di fuori dei siti individuati nella citata mappatura non può costituire, di per sé sola, motivo di diniego, ricorrendo uno specifico onere di valutazione a carico dell’amministrazione comunale circa la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità delle deroghe stesse, di cui deve darsi in ogni caso conto nel provvedimento finale” (Tar Lazio, Sezione II quater, sentenza n. 10575 del 2019).
L’art. 4 della delibera n. 16 del 2013 impugnata preclude una siffatta concreta valutazione, e merita pertanto di essere annullato.
Ne consegue che, non potendo il Comune vietare l’installazione per il solo fatto che essa cade al di fuori delle aree indicate a tal fine dal Piano di rete, a maggior ragione è illegittimo annullare il silenzio assenso, quanto ad un impianto da destinare ad altra area del territorio comunale.
L’atto impugnato va perciò annullato, con assorbimento del secondo motivo, con cui si lamenta violazione di legge, perché il Comune non avrebbe tenuto in conto le osservazioni svolte dalla ricorrente in seno al procedimento di autotutela: non sussiste alcun interesse, pubblico o di parte, alla trattazione della censura.
Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano in euro 2000,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, annulla l’atto di autotutela impugnato.
Annulla l’art. 4 della delibera C.C. n. 16 del 2013, nella parte in cui impone senza deroga la collocazione degli impianti nelle sole aree individuate sulla base del piano di localizzazione.
Condanna il Comune a rifondere le spese, che liquida in euro 2000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Donatella Scala, Presidente
Mario Alberto di Nezza, Consigliere
Marco Bignami, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marco Bignami Donatella Scala
IL SEGRETARIO