Secondo quanto riporta l’Esa sul suo blog, la manovra ha richiesto la più potente accensione dei motori mai realizzata in cinque anni di missione in orbita, tre volte più grande di quelle eseguite durante le operazioni di routine. Per l’esattezza sono state due le accensioni dei propulsori, una più grande e una più piccola: complessivamente hanno avuto una durata di 37 minuti e 24 secondi e hanno consumato sei chili di combustibile, portando il satellite da 280 a 250 chilometri di altitudine. «Gli obiettivi principali – spiegano gli esperti dell’Esa – erano abbassare il satellite in orbita e verificare come si sarebbe comportato nell’esecuzione di una grande manovra e ad altitudini molto basse».
Sebbene l’intento sia quello di far bruciare Aeolus durante il suo rientro in atmosfera, è fondamentale che il satellite rimanga funzionante abbastanza a lungo perché possa continuare a eseguire i comandi inviati per controllarne la traiettoria. Finora non è mai stato tentato di pilotare il rientro di un satellite progettato per un rientro incontrollato.
Con questa campagna, gli ingegneri e gli operatori dell’Esa stanno spingendo Aeolus oltre i suoi limiti naturali per ridurre il più possibile il rischio (già minimo) che eventuali frammenti possano fare danni.
Dopo aver superato di 18 mesi i tre anni prestabiliti di vita in orbita, Aeolus ha ufficialmente concluso le sue operazioni lo scorso 30 aprile e dal 19 giugno ha iniziato a scendere dalla sua orbita operativa posta a 320 chilometri di altezza. La manovra finale è prevista per il 28 luglio, quando Aeolus scenderà da 150 a 120 chilometri per poi rientrare in atmosfera e bruciarsi a 80 chilometri di quota.
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