Contestualmente sarà presentato introduttivamente il numero monografico della «Rivista di Engramma» ed in particolare il saggio in esso contenuto, ‘Guerra, archeologia e architettura. Le Navi di Nemi’ redatto anch’esso dai due autori.
𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼: Sabato 23 settembre 2023 alle ore 16,00.
𝗗𝗼𝘃𝗲: via Diana 13, c/o museo delle Navi Romane, Nemi (RM).
𝗣𝗲𝗿 𝗺𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼𝗿𝗶 𝗶𝗻𝗳𝗼: https://direzioneregionalemuseilazio.cultura.gov.it
La distruzione delle navi
Nella notte fra il 31 maggio e il 1º giugno 1944, un violento incendio devasta il museo, distruggendo le navi: si salva solo quanto portato in precedenza a Roma. Viene istituita una Commissione per accertare le cause del rogo di cui fanno parte architetti, ingegneri, il comandante dei vigili del fuoco e un esperto di artiglieria. I custodi, testimoni diretti degli avvenimenti, riferiscono che nei giorni precedenti una batteria di artiglieria tedesca composta da quattro cannoni si era posizionata nei pressi dell’edificio; i soldati si erano sistemati all’interno del museo, allontanando i custodi e le loro famiglie.
Nei giorni seguenti, l’aviazione anglo-americana aveva bombardato la zona, provocando qualche danno alle strutture ma nessun incendio. I bombardamenti si erano ripetuti anche la mattina del 31 maggio ed in serata si era svolto un furioso cannoneggiamento della zona, terminato alle ore 20:15 circa. Un’ora più tardi il custode notava un lume vagare all’interno dell’edificio: il bagliore fu poi considerato una prova che quella sera i tedeschi si stessero muovendo nell’oscurità dell’edificio con l’intento di dar fuoco alle navi. Alle ventidue, quasi due ore dopo il termine del cannoneggiamento, era divampato l’incendio, che aveva assunto immediatamente vaste proporzioni. Andarono distrutti gli scafi, le ancore, un timone e alcune imbarcazioni più piccole; si salvano i reperti artistici e tutto il materiale trasportabile, precedentemente portato al sicuro a Roma dai tedeschi stessi. I tedeschi abbandonarono la loro postazione il 2 giugno, mentre gli americani arrivarono due giorni dopo, senza trovare più alcunché da salvare. Le due navi sono state riprodotte in scala 1/5, e questi modellini sono, l’uno dietro l’altro, esposti in un’ala del museo.
La Commissione arriva a escludere che l’incendio sia stato provocato da bombe di aviazione e da proiettili d’artiglieria e conclude per l’origine dolosa, considerati anche i danneggiamenti volontari inflitti dai soldati tedeschi al patrimonio archeologico del museo e il mancato utilizzo dei sistemi di spegnimento in dotazione. Dopo quasi 80 anni però, ulteriori studi ed approfondimenti ribaltano il giudizio emesso dalla Commissione, addossando la responsabilità della distruzione delle navi romane esclusivamente ai bombardamenti alleati.
Un nuovo e completo studio di Flavio Altamura e Stefano Paolucci (2023), infatti, ha effettuato una revisione critica delle risultanze delle indagini del 1944, basandosi su un’ampia documentazione inedita e sui moderni metodi di investigazione sugli incendi. L’analisi dimostra l’infondatezza delle prove a carico delle truppe tedesche e conclude che l’unica spiegazione plausibile per l’incendio è che sia stato causato dall’impatto di proiettili dell’artiglieria alleata. La stessa sera dell’incendio almeno quattro colpi esplosivi, indirizzati verso la vicina postazione tedesca, avevano accidentalmente colpito il museo creando dei grossi fori sul tetto della struttura. Il ruolo delle esplosioni nell’innesco dell’incendio fu però arbitrariamente escluso dalla Commissione fin dai primi giorni di indagine. L’assoluzione dell’artiglieria alleata avvenne con il ricorso ad argomentazioni illogiche e in contraddizione con il parere dell’unico esperto di artiglieria presente tra gli inquirenti, che aveva indicato le granate come la più probabile causa del disastro. Grazie al confronto con le attuali metodologie di indagine sugli incendi, gli autori mostrano che le dinamiche e le tempistiche del rogo risultano compatibili solo con questa ipotesi di innesco accidentale.
Le numerose contraddizioni e incongruenze rilevate nelle dichiarazioni testimoniali e negli atti della Commissione dimostrano che quella sulla colpevolezza tedesca fu una versione di comodo, condizionata dalle pressioni e dalle contingenze del periodo storico-politico della Liberazione. Altre voci e versioni alternative sulle cause del disastro che sono state avanzate nel corso degli anni (dal fuoco sfuggito agli sfollati che si erano rifugiati nel museo, alla presunta azione di abitanti della zona, partigiani o ladri di metalli) si sono inoltre rivelate completamente infondate dal punto di vista storiografico e fattuale.