Dopo aver pubblicato lo scorso anno il volume “Andavamo in vacanza a Torvajanica”, sperimentando con successo la narrazione collettiva di persone desiderose di ricordare una Torvajanica che non esiste più, ho voluto utilizzare la stessa metodologia per un libro dedicato al Lago Albano.
Il lago è un vero e proprio ‘bene comune’
La scelta di questa narrazione collegiale non è casuale. Infatti, il mio intento è quello di ricordare agli abitanti dei Castelli Romani che questo specchio d’acqua è un vero e proprio “bene comune” perché tutti noi abbiamo dei ricordi bellissimi di questo luogo magico e, proprio per questo, ci dobbiamo sentire offesi all’idea che qualcuno possa alterarlo per speculazioni, negligenze o fini personali.
Un racconto, anche fotografico
Questo libro, quindi, racconta, anche dal punto di vista fotografico (più di settanta immagini, molte delle quali davvero uniche) com’era il Lago Albano di Castel Gandolfo nei primi anni del Novecento e come è adesso, per cercare di accendere i riflettori sulla drammatica situazione di questo specchio d’acqua che sta morendo nell’indifferenza generale delle istituzioni, dei mass media e della gente che vive nei Castelli Romani.
Il racconto di momenti irripetibili
Tutto questo raccontato da chi ha vissuto quei momenti irripetibili, quando le sue acque arrivavano, tramite l’emissario, ai fontanili delle Mole, il lungolago era un sentiero sterrato, i bagnanti facevano i tuffi da sor Pasquale e i pescatori riempivano le loro reti di trote, coregoni e persici reali.
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