Il castello, che domina il panorama, arroccato sulla rupe tufacea, è uno dei monumenti simbolo del centro storico di Ardea. Da quasi 80 anni però è impraticabile.
Non solo è impraticabile, ma non è affatto valorizzato, nonostante la sua maestosità. Negli anni il castello è anzi diventato un luogo spettrale e di certo una mancata occasione di sviluppo turistico, non solo per Ardea ma per tutto il territorio.
Eppure, nonostante gli anni e lo stato di abbandono, il castello Sforza Cesarini è un edificio che ha ancora il suo fascino ed enormi potenzialità, se adeguatamente valorizzato.
Il castello di Ardea (con tanto di fantasma)
Il castello venne costruito nel XV secolo dalla famiglia Colonna, che lo vendette poi ai Cesarini nel 1564. Durante la seconda guerra mondiale è stato danneggiato dai bombardamenti seguiti allo sbarco di Anzio del gennaio 1944. Da allora è disabitato.
Non c’è castello che non abbia il suo fantasma. Anche nel caso del castello di Ardea leggenda narra che tra le sue mura si aggiri il fantasma di Ludovico Colonna assassinato proprio lì nella notte del 14/10/1436 dal cognato Giovanni Andrea Colonna da Riofreddo, forse per una vendetta.
Dopo il conflitto bellico, e la devastazione a seguito dei bombardamenti, il primo piano del castello è stato demolito per questioni di pubblica incolumità. I fregi e le pavimentazioni sono state stipate nell’area del giardino pensile, inaccessibile al pubblico.
Da allora l’immobile è stato oggetto di atti di vandalismo e furti che hanno depredato gran parte delle eccellenze architettoniche.
Oggi il castello è solo un rudere in degrado
Oggi il castello si presenta come un rudere, ma continua a colpire per il suo aspetto caratterizzato da contrafforti che si innestano nel tufo. Una suggestione sinonimo anche di degrado.
Il piazzale di ingresso del castello un tempo ospitava il fossato, oggi riempito con pietre e mattoni crollati dalla struttura. Il piazzale invece è stato asfaltato e adibito a parcheggio.
I tentativi di recupero del castello di Ardea vanno avanti da anni
Già Giacomo Manzù, l’illustre artista di Ardea, negli anni sessanta aveva proposto di acquistare il castello. Voleva ricostruire il primo piano e farne un’ala dedicata al suo museo. L’altra ala l’avrebbe donata al Comune. Non se ne fece mai nulla.
Nel 2008 si parlò di un protocollo d’intesa che consentisse alla famiglia Sforza Cesarini di restaurare il bene e alla città di poterne avere un uso pubblico, rendendolo un luogo per attività culturali e istituzionali. Anche in questo caso il progetto non si concretizzò.
Nell’agosto del 2012 la commissione consiliare Ambiente del Comune di Ardea volle avviare la cosiddetta “lotta al degrado” del castello. Aveva indicato un crono-programma di interventi per la bonifica e la messa in sicurezza del sito a carico del proprietario, che individuava al 30 settembre 2012 il termine per la presentazione del progetto e al 30 dicembre dello stesso anno quello per l’inizio dei lavori. Altrimenti si sarebbe proceduto all’esproprio. Ma a quell’indicazione non fu dato seguito.
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Da qualche tempo un progetto concreto di ricostruzione del maniero c’è. È stato presentato dalla fondazione Portus, creata dalla famiglia Sforza Cesarini proprietaria dell’immobile.
Il problema sono i soldi: ne servono tanti per sistemare il rudere che, peraltro, è ancora privato. L’unico modo che il Comune ha per intervenire? Il castello dovrebbe diventare un immobile pubblico.
Il progetto di restauro
Il progetto presentato dalla fondazione Portus prevede di «recuperare sia l’uso funzionale che il valore storico e urbanistico del Castello, concordando con l’amministrazione comunale, dopo il ripristino, la destinazione della ducale ad un uso sociale, culturale e pubblico».
Ecco quanto si legge nel progetto.
«L’attività di restauro del palazzo ducale sarà articolata in due fasi: la prima consisterà nello scavo del piazzale antistante, nel recupero dei blocchi di tufo delle murature, degli elementi costitutivi quali cornici e pavimentazioni, e il loro studio e catalogazione; inoltre verrà inserito in tale studio anche il materiale già disposto nel giardino pensile interno».
«La seconda fase riguarderà il posizionamento del materiale recuperato il completamento delle lacune con materiale simile ma riconoscibile, la ricostruzione degli elementi costitutivi e strutturali mancanti anche del giardino interno e di tutto il piazzale».
Il risultato è la ricostruzione fedele del palazzo, restituito alla fruizione pubblica.
Meno complicato sarebbe il progetto di attuare un semplice “restauro visivo”: tagliare l’erba del giardino pensile e consentire l’accesso pubblico per eventi e iniziative. Ma anche in questo caso servono soldi.