Il Comune di Nettuno, alla fine del 2021, aveva ordinato all’associazione il rilascio dei locali occupati dal 2014. L’associazione aveva fatto ricorso, ma il Tribunale Amministrativo Regionale ha dato ragione al Comune.
Nettuno, sfratto alla protezione civile, una storia partita 10 anni fa
Si legge infatti nella sentenza del TAR del Lazio:
«Con delibera commissariale n. 33 del 23 luglio 2018, il suddetto immobile era stato individuato come sede del centro operativo comunale ed intercomunale di protezione civile, nonché come base operativa dei mezzi antincendio boschivo operanti sul territorio»
«Ancora, con determina dirigenziale n. 45 del 18 dicembre 2014, l’amministrazione comunale aveva preso atto delle convenzioni sottoscritte con le associazioni di volontariato e protezione civile per il quinquennio 2014/2019, successivamente prorogato di ulteriori nove mesi con determina dirigenziale n. 49 del 20.1.2020».
«Con determina n. 1153 del 6 novembre 2020, invece, l’amministrazione prendeva atto della graduatoria delle organizzazioni di volontariato di protezione civile conseguente alla selezione indetta con avviso pubblico approvato con determina del 5 ottobre 2020.
Tra le organizzazioni di volontariato selezionate a seguito della suddetta procedura vi era anche l’associazione ricorrente con la quale tuttavia, per come è dato evincere dalle premesse del provvedimento impugnato, non veniva sottoscritta alcuna convenzione in ragione di inadempimenti asseritamente commessi dalla medesima».
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Il sopralluogo
Il TAR prosegue:
«A seguito di sopralluogo compiuto l’1 dicembre 2020 presso i locali in questione, sarebbero state accertate alcune modifiche strutturali compiute senza autorizzazione degli uffici comunali, oltre all’avvenuta installazione di nuove serrature senza la consegna delle relative chiavi al personale dell’ente.
In definitiva, le anzidette modificazioni dello stato dei luoghi, in uno a “comportamenti ripetitivi ritenuti lesivi nei confronti dell’amministrazione”».
Una situazione a cui l’associazione aveva fornito tutti i chiarimenti del caso. Chiarimenti che non sono però bastati al tribunale per dargli ragione.
Si legge infatti nella sentenza:
«L’uso dei locali dell’ex delegazione anagrafica comunale di via Tre Cancelli n. 2 da parte dell’associazione ricorrente deve ritenersi frutto di un mero comportamento di fatto mantenuto da parte dell’amministrazione, inidoneo a formare titolo giuridico legittimante l’occupazione dei medesimi.
Di conseguenza, appare pienamente legittima la decisione dell’amministrazione di rientrare in possesso del bene appartenente al proprio patrimonio indisponibile facendo ricorso ai poteri di autotutela possessoria riconosciutigli dall’ordinamento».
Conclusione: associazione sfrattata e condannata a pagare 2.000 euro di spese legali.
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