Gli organizzatori della manifestazione del 25 aprile non ci stanno. Non c’entrano nulla con quel manipolo di ragazzi di destra che su Facebook hanno insultato l’Anpi, che per quello stesso giorno ha organizzato la contromanifestazione al cippo della brigata Barbarigo a Campoverde, per esprimere la propria contrarietà alla manifestazione dei militanti di destra che da cinquant’anni onorano la memoria di soldati caduti per portare avanti l’ideale in cui credevano. “Tanti di quelli che celebravano quel 25 aprile da sempre, oggi non ci sono più, ma sono i figli a continuare a tenere viva la loro memoria”, spiegano gi organizzatori della manifestazione “ufficiale”, quella di “destra”. Un 25 aprile che per l’Italia rappresenta la liberazione dal nazifascismo, ma che per alcuni cittadini significa commemorare ragazzi che sono stati uccisi non dai nazifascisti, ma dai liberatori. Avevano scelto di continuare a stare dalla parte della loro Nazione, spesso eseguivano semplicemente ordini. Sono morti loro, così come sono morti anche soldati che combattevano insieme ai soldati inglesi ed americani. Ed i morti non hanno colore politico.
“Siamo i primi a portare avanti la teoria del rispetto – spiega Aurelio Pazienti, tra i promotori insieme all’ex Sindaco di Aprilia Paolo Verzili della commemorazione a Campoverde –. Vogliamo commemorare soldati, nostri fratelli che hanno combattuto per una Patria e una ideologia in cui credevano. Da cinquant’anni organizziamo una manifestazione nel pieno rispetto delle regole, prendiamo le distanze da quelle persone che hanno insultato sui social e, anzi, faremo una denuncia querela per dimostrare che noi con quelle persone non c’entriamo nulla. Tuttavia – aggiunge – non vogliamo che vengano insultati dei morti, di qualunque schieramento facessero parte. Ma non dobbiamo giustificarci di nulla, non fomentiamo odio ma celebriamo dei combattenti caduti combattendo, militari mitragliati non dai nazifascisti ma dagli americani”. L’appello del Comitato organizzatore è naturalmente quello di mantenere il rispetto delle regole e confermano, come hanno sempre fatto, di non voler rispondere ad alcuna provocazione. Non è quello lo scopo della cerimonia.