Il Comune di Roma ha autorizzato la costruzione di un traliccio alto 40 metri situato proprio a ridosso di Ciampino, per montarvi antenne utili alla telefonia mobile, ma il Tribunale ha bocciato l’autorizzazione del Campidoglio.
La battaglia contro il mega traliccio è portata avanti da alcuni cittadini di Roma, che vivono a Morena e quindi a ridosso del comune di Ciampino.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con una sentenza di grande rilievo, ha annullato lo scorso 11 novembre l’autorizzazione rilasciata dal Comune di Roma, accogliendo integralmente le istanze dei ricorrenti.
L’installazione dell’enorme antenna di telefonia mobile doveva avvenire su via del Casale Agostinelli, n. 94 e sarebbe stata alta 40 metri, più, ad esempio, della statua del Cristo Redentore di Rio de Janeiro.
I motivi della bocciatura
I giudici hanno puntato il dito su diverse carenze procedurali e violazioni normative commesse dall’amministrazione capitolina. Le considerazioni dei giudici del Tar del Lazio sono sostanzialmente quattro. In particolare.
- Mancata valutazione delle aree preferenziali: come previsto dal regolamento comunale, l’amministrazione avrebbe dovuto valutare attentamente l’esistenza di aree alternative, meno impattanti per il contesto urbano e per la salute dei cittadini, prima di autorizzare l’installazione dell’antenna nel luogo individuato.
- Incompetenza territoriale: il Comune di Ciampino, direttamente interessato dall’impatto dell’infrastruttura, non è stato coinvolto nel procedimento autorizzativo, in violazione dei principi di partecipazione e collaborazione tra enti locali.
- Valutazione insufficiente dell’impatto elettromagnetico: l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) ha condotto una valutazione parziale delle emissioni elettromagnetiche, limitandosi ad analizzare ciascuna stazione radio base separatamente e non considerando l’impatto complessivo dell’intera infrastruttura.
- Violazione del piano paesaggistico: la realizzazione dell’antenna è stata giudicata incompatibile con le prescrizioni del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale, che mira a tutelare il patrimonio paesaggistico e a prevenire l’impatto visivo negativo delle opere antropiche.
La sentenza del TAR del Lazio rappresenta un importante precedente, con significative implicazioni per le future autorizzazioni all’installazione di antenne di telefonia mobile.
I giudici hanno ribadito l’importanza di una valutazione rigorosa e trasparente degli impatti ambientali e paesaggistici di queste infrastrutture, sottolineando la necessità di coinvolgere i cittadini e le comunità locali nei processi decisionali.
Inoltre, la sentenza pone l’accento sulla necessità di una maggiore collaborazione tra le amministrazioni pubbliche coinvolte, in particolare tra i comuni e le regioni, al fine di garantire una gestione coordinata e coerente del territorio.
Il Comune di Ciampino, da quanto scrivono i giudici nella loro sentenza, non si è costituito in giudizio, nonostante il maxi traliccio avrebbe per forza di cose impattato sull’area di pertinenza comunali e sui cittadini che vivono su vaste aree riconducibili alla città aeroportuale.
Roma ‘schiaccia’ i comuni confinanti
Nonostante questa importante vittoria dei cittadini, la battaglia per una gestione sostenibile delle infrastrutture delle telecomunicazione è ancora lunga.
Roma continua a riversare “strutture di servitù” ai bordi estremi del suo territorio, andando fortemente ad impattare la vita dei comuni confinanti. Come sta facendo con l’inceneritore di Santa Palomba o con il trasferimento degli sfasciacarrozze proprio a Ciampino.
Restano aperte numerose questioni, tra cui la necessità di garantire una maggiore trasparenza nei processi decisionali e di coinvolgere attivamente i cittadini nella progettazione e realizzazione delle nuove opere.
Inoltre, è fondamentale promuovere lo sviluppo di tecnologie alternative, meno impattanti per l’ambiente e la salute.
In ogni caso, contro la sentenza del Tar la società interessata potrà proporre ricorso al Consiglio di Stato entro i prossimo 60 giorni.
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