Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha però comunque respinto il ricorso presentato dalla signora L. G. contro l’ordine di demolizione emesso dal Comune di Grottaferrata.
L’ordine di demolizione riguardava una serie di opere abusive costruite dal marito della signora, attuale proprietaria, su un terreno vincolato all’interno del Parco dei Castelli Romani.
La vicenda, iniziata oltre 17 anni fa, ha visto l’abuso edilizio riguardante tre diverse opere al centro della disputa legale. Il verdetto ha ribadito la legittimità dell’azione amministrativa, confermando che le opere incriminate violano i regolamenti edilizi e paesaggistici.
Una casa più grande nel Parco dei Castelli Romani
Il provvedimento comunale contesta in particolare, la presenza di tre strutture abusive, con primo ordine di demolizione del 2007: un grande prefabbricato ‘extra’ al piano terra, una tettoia di oltre 20 metri quadrati senza titolo, infine un locale tecnico di circa 85 metri quadrati complessivi.
Le opere erano già state oggetto di un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune di Grottaferrata 17 anni fa, ma ignorata dai proprietari. Il locale tecnico, invece, sarebbe stato costruito successivamente.
Le strutture sorgono in una zona agricola, sottoposta a vincoli paesaggistici, ambientali e idrogeologici essendo parte integrante del Parco dei Castelli Romani.
La difesa della vedova contro il Comune di Grottaferrata
L. G., comproprietaria del terreno ora ereditato dal marito, nel frattempo defunto, ha cercato di attribuire la responsabilità degli abusi appunto al defunto coniuge, sostenendo che le opere furono realizzate senza il suo coinvolgimento diretto.
Nel suo ricorso, ha contestato la validità dell’ordinanza di demolizione, denunciando un difetto di motivazione e un presunto eccesso di potere da parte dell’amministrazione comunale.
Ha inoltre evidenziato che l’area era inclusa in un piano comunale per il recupero urbanistico di nuclei edilizi sorti spontaneamente.
Il Tribunale: “Nessuna possibilità di sanatoria”
Il TAR ha ritenuto infondato il ricorso della vedova, sottolineando che il provvedimento del Comune di Grottaferrata si basa su motivazioni chiare e sufficienti.
Il Tribunale amministrativo ha evidenziato che l’assenza del permesso di costruire e i vincoli stringenti dell’area rendono le opere abusive senza possibilità di sanatoria. Inoltre, è stato ribadito che i provvedimenti repressivi contro abusi edilizi costituiscono atti dovuti, indipendentemente dal tempo trascorso dalla realizzazione delle opere.
Il giudizio ha chiarito che il Comune di Grottaferrata non era tenuto a dimostrare un bilanciamento tra l’interesse pubblico alla demolizione e l’interesse privato dei proprietari, dato che l’interesse pubblico alla tutela del territorio prevale in modo automatico.
Il Tribunale ha anche respinto l’argomento secondo cui le dimensioni ridotte delle strutture potessero giustificare una semplice sanzione pecuniaria.
Demolizione o Consiglio di Stato
Nonostante siano passati oltre 17 anni dai primi abusi, il Tribunale ha confermato che il decorso del tempo non può legittimare costruzioni abusive, né creare un “affidamento tutelabile” per i proprietari. Secondo la giurisprudenza, il passare degli anni rafforza il carattere illegale dell’abuso, anziché attenuarlo.
Il TAR del Lazio, quindi, ha confermato l’ordine di demolizione, rigettando in toto le argomentazioni della ricorrente.
Ora la signora dovrà decidere se demolire gli abusi o tentare l’ultimo grado di giudizio e rivolgersi al Consiglio di Stato entro 60 giorni dalla sentenza del Tar.
Il Comune di Grottaferrata, che non si è costituito in giudizio, ha visto comunque riconosciuta la legittimità del proprio operato.
La sentenza rappresenta un ulteriore tassello nella lotta contro l’abusivismo edilizio in aree vincolate, sottolineando la centralità della tutela paesaggistica e ambientale.
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