Da poco tempo abbiamo tutti appreso che il sito “Via Appia, Regina Viarum” è stato iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO.
Un grande riconoscimento, sicuramente più che meritato.
Ma la via Appia antica non ci meraviglia solo per i numerosi monumenti che la costeggiano (il Sepolcro degli Scipioni, il Mausoleo di Cecilia Metella, solo per citarne due) o per le tecniche costruttive stradali utilizzate dai Romani. La Regina Viarum ci racconta storie molto più antiche della sua costruzione, già di per sé molto risalente nel tempo.
Il mistero della curva lieve sulla Via Appia antica
La via Appia, infatti, fu costruita nel 312 a.C. dal Censore Appio Claudio, appartenente alla nobilissima famiglia dei Claudi (da cui discenderà anche l’imperatore Nerone), il quale volle collegare Roma con Capua (la via poi fu prolungata fino a Brindisi, collegando, di fatto, Roma con la Grecia).
Ma la Regina viarum richiama storie ben più antiche.
Su una di queste vogliamo soffermarci alcuni minuti, perché l’Appia nasconde anche alcuni misteri e persino, tra i tanti monumenti, una costruzione antichissima, che dovrebbe esserci, ma che invece non si trova.
Percorrendo la via Appia in uscita da Roma, infatti, giunti al quinto miglio, poco oltre la villa dei Quintili, la via fa una lieve curva per riallinearsi pochi metri dopo.
Questa curva non ha alcuna motivazione o senso apparente, né alcuna utilità, in quanto non c’è nessun fossato, né collina, né altro impedimento che possa giustificare una curva.
In pratica, l’Appia, in quel punto, gira intorno a qualcosa che non c’è.
I romani non facevano le cose a caso, tantomeno una curva
Sappiamo, poi, che tutte le vie consolari romane procedevano dritte, superando fossati, paludi, colline e montagne, riducendo le curve al minimo.
Anche la stessa Appia, infatti, uscita da Roma, procede dritta fino a Terracina per circa 90 chilometri, curvando solo nei pochi casi necessari al raggiungimento della meta, senza poi riallinearsi, quindi senza alcuna curva immotivata ed ingiustificata, come quella del quinto miglio.
L’unica motivazione possibile, che possa giustificare quella curva é che quel luogo fosse sacro. In quanto tale doveva essere rispettato e preservato, a tal punto, da non poter essere attraversato da una pubblica via.
Ma perché quel punto, apparentemente insignificante, era sacro?
Per ottenere una risposta ci viene in aiuto Tito Livio, antico storico romano. Livio scriveva all’epoca di Augusto, quindi circa trecento anni dopo la costruzione dell’Appia.
La guerra con Alba Longa e il sacro luogo sull’Appia antica
Tito Livio ricorda che:
“Gli Albani per primi fecero irruzione nel territorio romano. Piantano l’accampamento a non più di cinque miglia dall’Urbe; lo circondano con una fossa … “.
A cinque miglia da Roma, quindi, gli Albani piantarono il loro accampamento e lo circondarono con un fossato, con l’intenzione di attaccare Roma.
Forse quello era anche il confine tra Roma ed Alba Longa.
Sappiamo poi che lo scontro tra Alba longa e Roma si risolse, secondo una storia leggendaria, con il duello tra gli Orazi ed i Curiazi, che si svolse proprio presso l’accampamento degli Albani.
Parliamo di un episodio che sarebbe avvenuto intorno al 675 a.C., all’epoca del terzo Re di Roma (Tullio Ostilio), quindi quasi quattrocento anni prima della costruzione dell’Appia, in un’epoca avvolta nella leggenda.
Roma sarebbe stata fondata da nativi di Alba Longa (Romolo stesso, secondo la tradizione, discenderebbe da una stirpe regale di Alba). Lo scontro tra le due città avrebbe comportato quindi una guerra fratricida, che i re delle due città vollero evitare, rimettendo le sorti della guerra ad un combattimento tra tre fratelli di Alba (i Curiazi) e tre fratelli di Roma (gli Orazi).
Due Orazi furono uccisi in breve tempo, mentre il terzo, simulando una fuga, cominciò a correre verso Roma, distanziando i tre Curiazi, che, feriti, lo seguivano a velocità diverse. Ciò gli consentì di affrontare un avversario alla volta, uccidendoli tutti e tre.
Lo scontro si sarebbe svolto proprio a cinque miglia da Roma, presso l’accampamento degli Albani.
E quella lieve curva della via Appia antica al quinto miglio potrebbe proprio superare, senza violarlo, il punto in cui fu ucciso l’ultimo dei fratelli Curiazi, segnando così la vittoria di Roma.
Alla ricerca della costruzione perduta che sveli il mistero
Il punto era considerato un luogo sacro ancora all’epoca della costruzione della via, sebbene quasi quattrocento anni dopo i fatti narrati e forse era ancora individuabile anche grazie al fossato che avrebbe circondato l’accampamento degli Albani.
Nella zona, infatti, sono anche oggi presenti diversi tumuli, detti tomba dei Curiazi (una) e degli Orazi (due).
Peccato però che gli studiosi li abbiano datati in un’epoca tardo repubblicana (I secolo a.C.). Sarebbero quindi molto più recenti rispetto ai fatti del 675 a. C. ed anche alla costruzione dell’Appia stessa (312 a.C.).
La storia, però, ha incuriosito gli archeologi, perché in un luogo sacro, così venerato e rispettato dai Romani per tanti secoli ed ancora ricordato da Tito Livio circa settecento anni dopo i fatti leggendari degli Orazi e Curiazi, doveva pur esserci una costruzione (o almeno le sue basi) più antica della via Appia (se non addirittura risalente all’epoca arcaica dei Re di Roma), che avrebbe indotto Appio Claudio alla rispettosa deviazione.
Nel secolo scorso, perciò, furono effettuati numerosi scavi, ma non fu trovato nulla, ad eccezione di un’urna vuota, risalente, peraltro, all’epoca di Augusto. Questa risalirebbe intorno all’anno zero, quindi successiva anche ai presunti tumuli degli Orazi e dei Curiazi.
Le ipotesi sul monumento che non c’è
Naturalmente, non è detto che l’episodio leggendario degli Orazi e Curiazi sia realmente accaduto. Il racconto, però, potrebbe confermare, che, in effetti, non ci fu una guerra fratricida tra Roma ed Alba. Proprio per l’origine comune delle due città, dopo alcune scaramucce, tutto si sarebbe risolto con un accordo di pace.
Forse, per ricordare l’episodio (del duello? Dell’accordo di pace? Dei vecchi confini tra i due stati?) in epoca arcaica era presente soltanto un cippo commemorativo o un semplice altare o una costruzione in legno di cui non era rimasto nulla già al tempo di Augusto e fu solo quest’ultimo che, volendo ripristinare le antiche tradizioni romane, fece edificare un monumento commemorativo (di cui a noi é pervenuta soltanto un’urna vuota).
Però quella lieve curva della via Appia rimane e ci riporta comunque all’epoca leggendaria dei Re di Roma, a pochi anni dalla fondazione della Città eterna, a circa 2700 anni fa, quando Roma era ancora un villaggio di pastori, che doveva scendere a patti con le comunità limitrofe.
Anche questo racconta la Regina di tutte le strade.
Gaetano Trezza
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