Si torna a parlare dello stop alla nuova città che sarebbe dovuta sorgere ai Castelli Romani, al confine con il territorio del comune di Roma: i costruttori sono ora anche costretti a pagare i danni al Ministero della Cultura.
“Marino 2”, questo il nome dell’agglomerato che sarebbe dovuto sorgere nel territorio del comune di Marino, non si farà, almeno per ora.
Si sarebbe dovuto sviluppare tra le località Divino Amore, Mazzamagna e Falcognana, ma il progetto ha ora incassato un altro deciso stop.
Il Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Lazio ha respinto, per la quinta volta, il ricorso presentato dai proponenti, confermando la legittimità delle misure di tutela paesaggistica adottate dal Ministero della Cultura. La sentenza porta la data dello scorso 24 dicembre, vigilia di Natale.
La sentenza ribadisce l’impossibilità di procedere con il progetto di urbanizzazione, dichiarando prevalenti le esigenze di protezione del territorio rispetto a quelle urbanistiche e di sviluppo.
Quinto’No’ del Tribunale alla nuova città dei Castelli Romani
Il primo ‘no’ del Tar del Lazio risale a inizio ottobre con una sentenza che lascia poco spazio all’immaginazione.
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Gli ulteriori tre ‘no’, sempre del Tar del Lazio, sono stati emessi a inizio dicembre. Ulteriori tre sentenze hanno respinto le richieste di altrettanti operatori edili.
Ora è arrivata la quinta bocciatura alla nuova estesa lottizzazione, forse la più importante. Perché coinvolge tre società edili direttamente coinvolte nel progetto (Immobiliare Cavalese 2003 a.r.l., Cristina a.r.l., La Mole Due a.r.l.) che sono state anche condannate a pagare 2mila euro di danni al Ministero della Cultura.
Ovviamente resta salvo per tali società il diritto di ricorrere contro tale sentenza, avvalendosi del secondo ed ultimo grado di giudizio, ossia al Consiglio di Stato.
La tutela del paesaggio prevale sui costruttori
Il cuore del dibattito si è concentrato sulla dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area, introdotta dal Ministero della Cultura ai sensi del Codice dei Beni Culturali.
Secondo i ricorrenti, tale dichiarazione contraddiceva il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) del Lazio, modificando in modo illegittimo le previsioni già concertate con la Regione Lazio.
Tuttavia, il Tribunale ha ribadito che il potere dello Stato in materia di tutela ambientale è esclusivo e prioritario rispetto alla pianificazione regionale. Tale prerogativa consente al Ministero della Cultura di vincolare aree di particolare pregio, anche in contrasto con i piani urbanistici locali.
La Corte Costituzionale, già in precedenti pronunce, ha confermato che la protezione del paesaggio rientra tra le competenze esclusive dello Stato, definendola un valore primario e assoluto.
Di conseguenza, il Tribunale ha respinto l’argomentazione dei ricorrenti, confermando che le modifiche introdotte dal Ministero della Cultura sono legittime e necessarie per salvaguardare il territorio.
Il vincolo dei Castelli Romani non si tocca
L’area interessata è situata in prossimità della campagna romana e presenta caratteristiche di elevato valore paesaggistico e storico-agricolo.
Già classificata come “paesaggio agrario di rilevante valore” nel PTPR del Lazio, è stata ulteriormente tutelata con l’introduzione di specifiche prescrizioni d’uso. Queste sono volte a garantire la conservazione del suo carattere rurale.
Le indagini archeologiche preliminari non hanno evidenziato la presenza di resti significativi, ma il contesto complessivo è stato ritenuto meritevole di protezione.
Il vincolo oggetto del ricorso è stato adottato dopo un lungo iter istruttorio. Iter che ha coinvolto sia le autorità statali sia quelle regionali.
Tale provvedimento si è reso necessario per prevenire interventi di urbanizzazione che avrebbero compromesso l’integrità dell’area, inserendola in un quadro normativo che tutela il paesaggio come bene comune.
I ricorsi dei costruttori dei Castelli e di Roma
I ricorrenti avevano sollevato diverse obiezioni, tra cui la presunta violazione del loro legittimo affidamento sulla pianificazione regionale e la mancata concertazione con i privati.
Tuttavia il Tribunale ha respinto tutte le censure, sottolineando che il vincolo paesaggistico non equivale a un’espropriazione della proprietà privata. Si tratta, piuttosto, di una conformazione dell’uso del suolo, finalizzata a bilanciare le esigenze di sviluppo con la tutela ambientale.
Un messaggio chiaro: il paesaggio prevale
La sentenza rappresenta un ulteriore tassello nella protezione del territorio dei Castelli Romani.
Con questo verdetto, si rafforza il principio secondo cui lo sviluppo urbanistico deve sottostare alle esigenze di tutela del paesaggio e dell’ambiente.
Il progetto della nuova città, così come proposto, non potrà andare avanti, confermando l’importanza di salvaguardare un territorio di grande valore culturale e naturale.
Questo quinto no del Tribunale segna un punto fermo nella gestione del rapporto tra pianificazione regionale e tutela statale, inviando un messaggio chiaro: la protezione del paesaggio è una priorità inderogabile.