Roma è pronta a introdurre importanti misure di sicurezza a pochi giorni dall’apertura del Giubileo dello scorso 24 dicembre
Si tratta di un piano di prevenzione straordinario, con l’obiettivo di introdurre delle “Zone rosse” all’interno della città.
Il provvedimento ha già visto la luce in altre città italiane come Milano, Napoli, Bologna e Firenze.
Il Prefetto di Roma, Lamberto Giannini, ha firmato l’ordinanza che istituisce uno strumento necessario a rafforzare la vigilanza nella Capitale.
Nel mirino, le aree sensibili della Capitale, tra cui il quartiere Esquilino e le zone attorno alle stazioni ferroviarie di Termini e Tuscolana.
Le Zone rosse a Roma
Nel quartiere Esquilino, saranno oggetto di un controllo intensificato, le strade tra cui: via Giovanni Giolitti, via Giovanni Amendola, via Filippo Turati, via Principe Amedeo, via Daniele Manin e piazza Manfredo Fanti.
Non sono esenti dal controllo: via Carlo Cattaneo, via La Marmora e piazza Vittorio Emanuele II.
Al Tuscolano, invece, saranno monitorate via Monselice, via Adria, via Tuscolana (al civico 212), via Mestre e piazza Ragusa.
Queste aree, sono da sempre caratterizzate da una significativa frequentazione pubblica e da episodi di microcriminalità.
Per questo motivo, l’obiettivo del Comune di Roma è quello di renderle prioritarie per l’attuazione di un piano di sicurezza straordinario.
Le misure di sicurezza nelle Zone rosse
In base a quanto stabilito dall’ordinanza, nelle Zone rosse sarà vietato stazionare senza motivo, per i prossimi sessanta giorni, a persone con atteggiamento intimidatorio, pericoloso o molesto.
La misura si riferisce soprattutto a soggetti già coinvolti in reati legati a traffico di stupefacenti, aggressioni, scippi, rapine, vandalismi, occupazioni abusive o possesso illegale di armi.
L’intento è quello di aumentare il livello di sicurezza e garantire una maggiore vivibilità in queste aree sensibili della città.
Come specificato nel testo dell’ordinanza, l’attenzione sarà rivolta in particolar modo a prevenire alcuni comportamenti considerati rischiosi.
Ovvero degli atteggiamenti che possano rappresentare un concreto pericolo per la sicurezza pubblica e ostacolare la piena fruibilità di spazi pubblici.
Il giudizio del Sindaco di Roma
Nei giorni scorsi, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri aveva espresso perplessità sulle Zone rosse, definendole delle misure temporanee.
Secondo il Primo Cittadino tali procedimenti rischerebbero di spostare i problemi da un quartiere all’altro senza risolverli definitivamente. Tuttavia, la situazione attuale ha reso necessario un cambio di prospettiva.
Ha dichiarato Gualtieri: “Roma per noi deve essere una grande zona bianca dove tutti possono circolare in sicurezza”.
Ma, almeno per ora, il colore scelto per fronteggiare l’emergenza sicurezza è sicuramente il rosso.
Le Zone rosse nelle altre città
Il modello delle Zone rosse non è una novità e in altre città ha già prodotto risultati significativi.
A Milano, Napoli, Bologna e Firenze, dove il provvedimento è in vigore da alcune settimane o mesi, sono stati registrati oltre 24.000 controlli complessivi.
Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, sono stati emessi 228 ordini di allontanamento nei confronti di persone con precedenti penali o comportamenti pericolosi.
Il Viminale ha chiarito come tali provvedimenti avevano riguardato soggetti che rappresentavano una concreta minaccia per la sicurezza pubblica.
Si legge nella nota: “In caso di violazione degli ordini di allontanamento, viene immediatamente notificata una denuncia all’autorità giudiziaria”.
A Firenze sono stati effettuati 6.217 controlli con 68 ordini di allontanamento, a Bologna 7.613 controlli e 43 allontanamenti, mentre a Napoli e Milano si sono registrati rispettivamente 2.854 e 8.303 controlli, con 11 e 106 allontanamenti.
Uno sguardo alla sicurezza
L’introduzione delle Zone rosse a Roma rappresenta un tentativo di risposta alle criticità di sicurezza urbana, ma solleva anche interrogativi sul suo reale impatto a lungo termine.
Se da un lato queste misure possono contribuire a mitigare situazioni di degrado e illegalità, dall’altro è evidente che non possono essere l’unica soluzione.
L’auspicio è che questo tipo di provvedimenti siano accompagnati da politiche di inclusione sociale, interventi strutturali e una riqualificazione profonda delle aree coinvolte.
Senza un piano complessivo e duraturo, il rischio è che restino dei semplici palliativi, non risolvendo le problematiche alla radice.
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