Lo ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, che ha respinto il ricorso presentato dal proprietario dell’immobile contro il parere negativo della Soprintendenza ai Beni Culturali.
La sentenza sottolinea l’incompatibilità dell’opera con i vincoli paesaggistici che proteggono l’area del bacino vulcanico.
Al lago Albano il muro anti smottamento per proteggere la casa
Il proprietario dell’abitazione, situata in via Spiaggia del lago Albano a Castel Gandolfo, aveva costruito un muro di sostegno per contrastare smottamenti e crolli provocati da eventi atmosferici estremi.
L’opera, secondo il ricorrente, si era resa necessaria per garantire la stabilità del terreno e la sicurezza della sua abitazione, esistente dal 1966 e condonata nel 1993.
Tuttavia la realizzazione del muro è avvenuta senza preventiva autorizzazione paesaggistica, obbligatoria per un’area sottoposta a tutela ambientale.
Il ‘No’ della Soprintendenza al muro anti smottamento
La Soprintendenza per l’area metropolitana di Roma, aveva espresso un parere negativo alla richiesta di sanatoria, evidenziando come l’opera avesse modificato irreversibilmente il contesto naturale della conca lacuale.
Secondo l’ente, il muro si inserisce in un’area di grande pregio ambientale, tutelata da diversi vincoli paesaggistici e urbanistici, e il suo impatto risulta visivamente e morfologicamente invasivo.
Inoltre, l’articolo 23 del PTPR, Piano Territoriale Paesistico Regionale del Lazio, consente la costruzione di muri di sostegno solo se strettamente necessari.
Nel caso specifico, la Soprintendenza ha ritenuto che non fosse stata dimostrata l’effettiva necessità dell’intervento, che peraltro sarebbe stato realizzato senza un progetto adeguato e con materiali incoerenti con il contesto naturale.
Il ricorso e la sentenza del Tribunale
Il proprietario dell’immobile ha impugnato al TAR il parere negativo sostenendo l’illogicità della decisione e la mancanza di una corretta istruttoria da parte dell’amministrazione.
Nel ricorso, ha anche contestato il superamento del termine di 90 giorni per la risposta della Soprintendenza e ha ribadito che il muro esisteva già al momento della richiesta di condono edilizio.
Il TAR del Lazio ha respinto il ricorso, ritenendo fondate le motivazioni della Soprintendenza.
La sentenza ha confermato che l’opera incide negativamente sul paesaggio e che la valutazione dell’ente preposto è ampiamente discrezionale.
Inoltre il Tribunale ha chiarito che la tempistica del procedimento è stata rispettata, in quanto il preavviso di parere negativo ha interrotto i termini, permettendo un nuovo decorso del periodo di valutazione.
Con questa sentenza, il Tar ha disposto l’abbattimento del muro che doveva resistere alle frane, ma che non è riuscito a resistere alla burocrazia.
Il Tribunale ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali per un totale di 3.000 euro.
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