La battaglia contro l’Inceneritore di Roma che dovrebbe sorgere a Santa Palomba si sposta dunque sul piano europeo.
Dopo il respingimento del ricorso da parte del Consiglio di Stato, i comuni di Pomezia, Ardea, Marino e Ariccia annunciano l’intenzione di rivolgersi alla Corte Europea di Giustizia per contestare la costruzione dell’impianto di incenerimento previsto nella zona di Santa Palomba.
(Clicca qui per vedere il terreno dove dovrebbe sorgere l’inceneritore attraverso Google Maps).
Il Consiglio di Stato ‘favorevole’ all’Inceneritore
La recente sentenza del Consiglio di Stato ha segnato una nuova battuta d’arresto per gli enti locali che si oppongono al progetto, confermando la legittimità degli atti approvati da Roma Capitale e dalla struttura commissariale incaricata della gestione del piano.
Il provvedimento ha respinto le contestazioni sollevate dai Comuni, che avevano impugnato le modalità con cui è stata bandita la gara per la progettazione, costruzione e gestione dell’impianto, con una capacità di trattamento stimata di 600.000 tonnellate di rifiuti all’anno.
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Le parole del Comune di Pomezia: “Ricorso alla Corte Europea”
Ha spiegato il sindaco di Pomezia Veronica Felici in una nota:
“Andiamo avanti il diniego da parte del Consiglio di Stato è solo uno dei passaggi che siamo costretti a fare per poter scongiurare la realizzazione di questa sciagura per la nostra città: il termovalorizzatore tanto caro a Roberto Gualtieri, Sindaco di Roma.
Andremo avanti fino ad arrivare alla Corte Europea, a dispetto di quanto sperano quelli che hanno visto in questo diniego la fine della nostra battaglia.
Non rinunciamo ai nostri diritti, non rinunciamo a difendere i cittadini di Pomezia da scelte scellerate, prese da chi governa un altro territorio. Non abdicheremo senza combattere.”
Al centro delle critiche vi è la compatibilità del progetto con la normativa ambientale europea.
I ricorrenti contestano la mancanza di una valutazione approfondita sugli effetti dell’impianto sulla qualità dell’aria, sulla salute pubblica e sull’ecosistema locale.
Inoltre, sollevano dubbi sulla coerenza della scelta con gli obiettivi di economia circolare e riduzione delle emissioni fissati dall’Unione Europea.
Altro che “termovalorizzatore”!
Lo hanno chiamato (e continuano a chiamarlo) “termovalorizzatore“. Ma non si capisce cosa valorizzi, visto che brucia e riduce in cenere quantità enormi di materie che potrebbero invece essere riciclate, provocando enormi svantaggi per l’ambiente e l’economia.
È vero che la combustione prodotta in tale impianto genera calore e di conseguenza produce energia da riutilizzare, ma è anche vero che l’energia che poi bisogna utilizzare per rimettere nel ciclo economico la stessa quantità di materiali di quelli bruciati, è enormemente superiore a quella generata.
Strano modo di valorizzare quello di creare energia utilizzando molta più energia di quella prodotta: dannoso per l’ambiente ed economicamente svantaggioso.
Ecco perché continueremo sempre a chiamarlo “Inceneritore”. E la parola “termovalorizzatore” la lasciamo alle campagne di marketing del sindaco di Roma Gualtieri che fa vedere disegnini con alberi sopra l’impianto e bambini che giocano nei pressi dell’impianto. Al massimo potremmo chiamarlo “termoSvalorizzatore”.
L’Inceneritore di Draghi e Gualtieri
L’Inceneritore di Santa Palomba è stato inserito nel piano straordinario per affrontare l’emergenza rifiuti della Capitale, con poteri commissariali conferiti al sindaco di Roma Roberto Gualtieri dall’ex premier Mario Draghi.
La sentenza del Consiglio di Stato ha confermato che tali poteri consentono di adottare atti di pianificazione e realizzazione degli impianti anche con effetti che si protraggono oltre la durata del mandato commissariale.
La prospettiva del Giubileo del 2025 ha accelerato l’iter di approvazione del progetto, considerato dalle autorità capitoline una soluzione indispensabile per risolvere la cronica emergenza rifiuti di Roma.
Tuttavia, i Comuni limitrofi all’impianto ribadiscono la necessità di trovare alternative più sostenibili, che rispettino i principi di tutela ambientale e di partecipazione delle comunità locali.
La carta della Corte Europea
La decisione di rivolgersi alla Corte Europea rappresenta un estremo tentativo, almeno a livello giuridico, di bloccare la realizzazione dell’impianto.
I Comuni ricorrenti confidano nel supporto della giustizia europea, i cui principi sono ben saldi nell’orientare le scelte verso un’economia circolare, per ottenere una revisione della compatibilità del progetto con le direttive ambientali comunitarie.