Nei siti paleolitici del Circeo cento anni fa l’archeologo Alberto Blanc ha scoperto l’uomo di Neanderthal. Poi scavi e studi sono proseguiti ed ora è stato ufficialmente annunciato che la zona può essere considerata area funeraria utilizzata nel Mesolitico, cioè 10.000 anni fa.
Quindi può essere considerata come la più antica necropoli del Lazio e una delle più antiche conosciute.
E in più è stata annunciata una scoperta che potrebbe portare a conclusioni ‘raccapriccianti’.
Oggi in quesi siti le ricerche stanno proseguendo da parte della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Frosinone e Latina e dall’Università di Tor Vergata.
La scoperta di tombe nel “riparo” sulla roccia
Sul margine occidentale del promontorio, a picco sul mare, si affaccia il sito di Riparo Blanc. Non si tratta di una grotta, ma di un “riparo”, ovvero di un deposito archeologico che si è formato ai piedi di una falesia leggermente sporgente.
Fu Marcello Zei alla fine degli anni ’50 ad individuare il sito. Zei avvertì immediatamente della sua scoperta Blanc, che progettò di avviare degli scavi sul sito. Morì però prematuramente nel luglio 1960 (per questo gli fu dedicato il nome del riparo).
Furono perciò due suoi stretti collaboratori, Mariella Taschini e Luigi Cardini, ad effettuare campagne di scavo tra il 1960 e il 1963. Gli scavi portarono al rinvenimento di un sito archeologico mesolitico, cioè frequentato nell’Olocene antico dagli ultimi cacciatori-raccoglitori preistorici del Circeo.
Parliamo, in anni, di un periodo compreso tra il 9300 e il 7500 a.C. Per capire meglio: millenni prima che in Italia l’Homo sapiens iniziasse a praticare l’agricoltura e l’allevamento con l’epoca neolitica.
Lo scavo portò in luce alcuni strati mesolitici ben conservati, che contenevano ossa di animali terrestri e di pesci, strumenti di pietra e soprattutto decine di migliaia di conchiglie marine. Si trattava dei resti dei pasti di questi gruppi preistorici, che si erano specializzati nella pesca e nella raccolta dei “frutti di mare” che i vicini ambienti costieri offrivano in abbondanza.
Molte delle conchiglie, inoltre, erano state selezionate per altri motivi: forandone i gusci, si ottenevano degli ornamenti che si potevano indossare o cucire sui vestiti. Durante gli scavi, gli archeologi hanno inoltre rinvenuto numerose ossa umane e una sepoltura quasi integra.
Gli ultimi ritrovamenti
Tra il 2016 e il 2019, gli archeologi Flavio Altamura e Margherita Mussi, all’epoca afferenti all’Università di Roma Sapienza, hanno intrapreso nuovi scavi sul sito.
Nonostante la sua importanza, il sito era infatti stato praticamente dimenticato. Erano necessari nuovi studi con tecniche aggiornate per comprenderne e precisarne le caratteristiche archeologiche.
Gli archeologi hanno dunque realizzato un piccolo saggio, di appena due metri quadrati, su un lembo del deposito mesolitico lasciato intatto dagli scavi degli anni ‘60.
Nel 2019, uno degli strati più antichi individuati comincia – a sorpresa – a restituire ossa umane preistoriche.
Si eseguono verifiche sulla stratigrafia e datazioni al radiocarbonio: i resti umani risalgono al Mesolitico e sono i primi di questo periodo conosciuti nel Lazio.
L’antropologo Mauro Rubini e i suoi collaboratori del Laboratorio di Antropologia della Soprintendenza cominciano subito lo studio di questi resti umani: hanno scoperto che appartengono ad un giovane adulto, probabilmente una donna. Sono presenti numerosi frammenti e soprattutto un arto superiore quasi completo.
Ossa scarnificate: si praticava il cannibalismo?
E poi un’altra sorpresa: Ivana Fiore, una studiosa specializzata nelle tracce sui resti ossei, analizza l’omero e documenta alcuni segni di tagli effettuati con uno strumento di pietra, probabilmente eseguiti per il distacco delle masse muscolari.
Ci sono varie ipotesi per spiegare questo dato, molto raro nel record preistorico italiano: si trattava di una pulizia delle ossa finalizzata ad un trattamento rituale del cadavere, oppure quella carne fu asportata per un atto di cannibalismo?
Riparo Blanc al Circeo: tra le più antiche necropoli d’Italia
A quel punto, è sorto negli studiosi un altro dubbio: e se anche le ossa trovate negli anni ’60 appartenessero in realtà a sepolture mesolitiche?
È quindi iniziato uno studio sia sugli scheletri che sulla documentazione d’archivio dei vecchi scavi, grazie ad una collaborazione con l’Istituto di Paleontologia Umana di Anagni.
I dati archeologici suggerivano che i resti erano compatibili con una datazione così antica, ma mancava la “prova regina”, cioè una data.
Sono quindi state effettuate delle nuove datazioni al radiocarbonio che hanno confermato l’intuizione. Anche quegli scheletri erano mesolitici.
Dunque, lo studio congiunto di tutti i resti umani permette oggi di affermare che Riparo Blanc fu utilizzato come una vera e propria area funeraria nel Mesolitico, e vi furono seppelliti almeno sette individui, tra adulti, giovani adulti e bambini.
Si tratta di una importante scoperta, vista anche la rarità di evidenze simili in Italia, soprattutto sulla fascia costiera tirrenica.
Solo tre altri siti mesolitici italiani hanno restituito sepolture multiple, cioè Grotta dell’Uzzo e Molara in Sicilia e S’Omu e S’Orku in Sardegna. Negli altri casi, che per la verità non sono comunque molti, si è trovato la sepoltura di un solo individuo.
La ricerca pubblicata
Dopo anni di studio, l’importante articolo dal titolo “Funerary practices and post-mortem manipulations by the early Holocene hunter-gatherers of Riparo Blanc (Mount Circeo, central Italy)” ha visto la pubblicazione sulla prestigiosa rivista internazionale Journal of Archaeological Science: Reports (per leggere l’articolo CLICCA QUI).
Questo lavoro, al quale se ne aggiungeranno altri in preparazione, consente per la prima volta di avere informazioni scientifiche di vario genere sugli ultimi gruppi di cacciatori-raccoglitori del Lazio preistorico.
I commenti a San Felice Circeo
Grande soddisfazione nella cittadina laziale da anni protagonista nazionale nel mondo dell’archeologia.
Ha dichiarato Angelo Guattari, delegato ai Beni Culturali del Comune di San Felice Circeo:
«Sotto cumuli di conchiglie fossili, prova evidente della consuetudine dei Sapiens nel raccogliere molluschi per nutrirsi, gli archeologi hanno scoperto i resti di più individui.
Tra questi, spicca il corpo di una donna che presenta segni di profonde procurati, pare, dal lavoro di scarnificazione di carne e muscoli dal corpo.
Le analisi e gli studi che ancora dovranno essere condotti su quanto rinvenuto al Riparo Blanc ci dirà ancora molto della presenza del Sapiens al Circeo, che si dimostra ancora una volta l’epicentro dell’evoluzione umana in questo angolo di mondo».
Infine il sindaco di San Felice Circeo, Monia Di Cosimo, ha affermato:
«Questa scoperta è di enorme rilevanza scientifica perché conferma il ruolo centrale del nostro territorio nella storia evolutiva dell’uomo.
Siamo orgogliosi di ospitare un patrimonio archeologico di tale importanza e continueremo a sostenere la valorizzazione della nostra storia più antica e non solo».
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