La società a responsabilità limitata proprietaria di un capannone a Pomezia, aveva presentato nel 2017 una DIA (Denuncia di Inizio Attività) per l’ampliamento della struttura industriale situata in zona agricola.
L’immobile, già condonato nel 1996, situato su zona agricola, sarebbe stato ampliato grazie ai favori concessi dal Piano Casa della Regione Lazio.
Il Comune di Pomezia nel dicembre del 2018 ha quindi chiesto alla società il pagamento di un contributo di costruzione pari a 81.782,71 euro, di cui euro 71.601,96 per oneri di urbanizzazione ed euro 10.180,75 per costo di costruzione. Il pagamento sarebbe dovuto avvenire entro 15 giorni dalla ricezione di tale comunicazione. Ma la società ha contestato il calcolo dei tributi e non ha pagato.
Visto il mancato pagamento, Il Comune di Pomezia ha quindi comunicato alla società nel maggio del 2021 il non accoglimento della DIA, ovvero dell’autorizzazione all’ampliamento.
La controversia legale col Comune di Pomezia
La società ha contestato la richiesta di pagamento del Comune di Pomezia, sostenendo che i criteri applicati per il calcolo degli oneri fossero errati.
Ne è nato un contenzioso legale con due ricorsi amministrativi depositati entrambi nel 2021.
Secondo la società il Comune di Poemzia avrebbe utilizzato parametri previsti per le abitazioni anziché quelli specifici per edifici produttivi.
ll contributo di costruzione relativo agli oneri di urbanizzazione per l’intervento di ampliamento avrebbe dovuto essere pari solo a 7.184,04 euro.
Nonostante le contestazioni, il Comune di Pomezia ha deciso di dichiarare inefficace la DIA presentata dalla società.
L’ha ritenuta non valida per due motivi: il mancato pagamento degli oneri richiesti e l’assenza dell’autorizzazione sismica, necessaria per il tipo di intervento previsto.
La società ha quindi impugnato anche questo provvedimento, sostenendo che l’autorizzazione sismica era stata già inviata e ribadendo che il calcolo del contributo di costruzione era errato.
Il verdetto del Tribunale
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha esaminato il caso e ha deciso di respingere i ricorsi della società.
I giudici hanno stabilito che la DIA non aveva valore legale proprio a causa del mancato pagamento degli oneri richiesti, indipendentemente dalle contestazioni avanzate.
Scrive infatti il TAR del Lazio in relazione al contributo da pagare:
“…non è stato versato dalla ricorrente, si badi bene, nemmeno nella misura – evidentemente inferiore a quella richiesta – dalla stessa ritenuta corretta”.
Secondo i giudici la società avrebbe potuto pagare il contributo e poi, casomai, richiedere la restituzione dell’eccedenza versata, qualora in seguito lo stesso Comune di Pomezia o una sentenza di un tribunale avesse riconosciuto l’errore nel calcolo.
Inoltre, il secondo ricorso, quello sulla riduzione degli oneri, è stato dichiarato improcedibile, in quanto ormai privo di interesse pratico. Infatti, dichiarata decaduta l’autorizzazione non vi è nessun contributo da pagare e pertanto è inutile contestarne l’importo.
La società dovrà ora versare anche 3.000 euro di spese legali al Comune di Pomezia.
L’immobiliare dovrà ora decidere se desistere o se presentare ricorso all’ultimo grado della giustizia amministrativa, il Consiglio di Stato.
Un caso emblematico
La vicenda evidenzia ancora una volta la complessità del rapporto tra imprese e amministrazioni locali nella gestione delle autorizzazioni edilizie.
Il principio ribadito dal Tribunale è chiaro: senza il pagamento degli oneri richiesti, un intervento edilizio non può essere considerato valido, né possono essere presentate eventuali ulteriori contestazioni.
La decisione potrebbe fare giurisprudenza per casi simili in tutta Italia.
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