Con una sentenza definitiva emessa l’11 aprile 2025, il TAR ha respinto in toto il ricorso presentato da tre membri della nota famiglia, aprendo la strada alla demolizione forzata delle strutture edificate senza i necessari titoli abilitativi.
La decisione riguarda diversi immobili di lusso che, secondo quanto accertato dai giudici, insistono su terreni di proprietà pubblica e sono stati realizzati in assenza di autorizzazioni urbanistiche valide.
Un contenzioso lungo quattro anni
La vicenda ha avuto inizio nel 2021, quando Roma Capitale e il Comune di Frascati emisero i primi ordini di demolizione. I Casamonica avevano cercato di opporsi, impugnando i provvedimenti e presentando vari motivi aggiunti nel corso del tempo.
Tra questi, vi era anche il tentativo di ottenere il condono edilizio per le opere già realizzate. Basandosi su vecchie richieste di sanatoria risalenti addirittura al 1987.
Tuttavia, le istanze furono rigettate sia per motivi tecnici sia per la natura giuridica dei terreni, considerati di proprietà pubblica e gravati da vincoli che ne impediscono l’utilizzo privato senza titolo.
Nonostante la mole di documentazione presentata dai ricorrenti, il TAR ha confermato l’insanabilità delle opere.
I terreni appartengono al Comune di Frascati
Elemento centrale della sentenza è l’accertamento, ormai definitivo, della natura pubblica dei suoli su cui sorgono le ville.
La Corte di Cassazione, in una precedente pronuncia, ha stabilito che i terreni in questione, un tempo appartenenti ad una Congregazione di Frascati, furono trasferiti nel 1921 all’Università Agraria, e successivamente al Comune di Frascati, mantenendo la loro destinazione d’uso civico.
Secondo la legge, nessuna costruzione privata può essere sanata su suolo pubblico se l’ente proprietario non ne autorizza l’uso.
In questo caso, il Comune di Frascati ha negato la disponibilità alla concessione onerosa del terreno, rendendo impossibile qualsiasi forma di condono.
Un segnale forte contro l’abusivismo edilizio
Il TAR ha quindi respinto tutte le censure sollevate dai ricorrenti.
Il Tribunale ha rilevato l’infondatezza dei motivi e la mancanza di presupposti per un annullamento degli ordini di demolizione. Anche i due provvedimenti successivi al primo, impugnati con nuovi motivi aggiunti, sono stati dichiarati inammissibili o infondati.
Con questa decisione, il Tribunale Amministrativo Regionale manda un chiaro segnale di rigore nella lotta contro l’abusivismo edilizio. In particolare quando interessa aree pubbliche.
Per i proprietari delle ville c’è naturalmente la possibilità di ricorrere all’ultimo grado della giustizia amministrativa, cioè al Consiglio di Stato.
In caso contrario le ville in questione verranno abbattute, ripristinando la legalità su territori da anni al centro dell’attenzione mediatica e istituzionale.
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