Immaginate questa scena: è il 2012, siamo a Sperlonga, una località di mare molto amata del sud pontino. Un militare dell’esercito viene fermato dai Carabinieri. Gli viene chiesto di fare l’alcoltest, ma lui si rifiuta.
Fino a qui, potremmo pensare a un episodio che, pur grave, si risolverà in poco tempo. E invece no. Questa storia si è trascinata per più di dieci anni, ed è finita con una sospensione dal lavoro di nove mesi. Ma andiamo con ordine.
Il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest da parte del militare e le conseguenze
Il militare protagonista di questa vicenda, nel 2012, fu coinvolto in un controllo stradale. Non ci sono prove che fosse ubriaco, ma ha rifiutato di fare il test dell’etilometro. Questo rifiuto, da solo, è considerato un comportamento scorretto, sia per la legge che – soprattutto – per il Codice disciplinare militare.
Infatti, anche se il processo penale è stato chiuso nel 2019 (e pure per prescrizione, quindi senza condanna), per l’esercito la questione era tutt’altro che finita. Nel 2021, il Ministero della Difesa ha deciso di punirlo con 9 mesi di sospensione dal servizio, tagliandogli anche parte dell’anzianità di grado.
Ma non era “finita” con la prescrizione?
Questa è proprio la parte interessante: no, non era finita. Nelle Forze Armate, la disciplina interna segue regole sue. Anche se il reato non viene punito penalmente, un comportamento scorretto – come non collaborare con le forze dell’ordine – può comunque costare caro. Perché chi indossa una divisa ha responsabilità in più rispetto agli altri cittadini.
E non è solo una questione di legge. È anche una questione d’immagine, di esempio, di fiducia. Il militare, secondo i giudici, ha violato il giuramento fatto quando ha scelto di servire lo Stato. E questo pesa, eccome.
Non è mai troppo tardi (per punirlo)
Un altro punto curioso della vicenda è che il militare ha provato a difendersi dicendo: “Mi hanno punito troppo tardi, i termini erano scaduti”.
Ma anche qui il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) è stato chiaro: i tempi sono stati rispettati, perché il Ministero ha avviato il procedimento disciplinare entro i limiti previsti per il personale militare, non quelli per i dipendenti civili.
E così, niente scappatoie. Il TAR ha fatto notare che non era la prima volta. Lo stesso militare aveva già ricevuto altre sanzioni, alcune proprio per situazioni legate all’abuso di alcol. Insomma, non era un caso isolato, ma l’ennesimo episodio di una condotta giudicata inadeguata.
Il ricorso del militare è stato respinto. Per i giudici, la punizione è giusta, proporzionata e motivata.
Non importa se la giustizia penale ha archiviato il caso: le Forze Armate hanno il dovere di tutelare la propria reputazione e chi sbaglia – anche “solo” rifiutandosi di fare un test – deve pagarne le conseguenze.
Insomma, quando si indossa una divisa, ogni gesto conta. Anche un semplice “no” detto a un Carabiniere può avere effetti che durano anni. E la disciplina militare non dimentica facilmente, soprattutto se ci sono precedenti.
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