Al centro dell’analisi, spicca in particolare la gestione degli immobili comunali, degli impianti sportivi e dei beni confiscati, diventati terreno fertile per le infiltrazioni mafiose.
Le ingerenze degli amministratori
Secondo quanto rilevato dal Prefetto, “in ordine alle concessioni in uso di immobili comunali e degli impianti sportivi”, è emersa una situazione di “gravi disfunzionalità in termini di irregolarità e di opacità gestionali”, connotata da un’azione amministrativa ostacolata “da difficoltà oggettive riferite dagli stessi dipendenti del settore preposto e attribuite ad ostacoli frapposti dagli amministratori”.
Uno degli episodi più gravi, definito emblematico, riguarda la gestione del chiosco bar all’interno della piscina comunale estiva, assegnata alla società in house dell’ente.
Gli accertamenti della Guardia di Finanza e degli ispettori hanno rivelato che il punto ristoro era “gestito, di fatto, da un membro di una nota famiglia criminale”, imparentato con il capo clan locale.
Costui, “presidente dell’associazione titolare della concessione d’uso dell’impianto sportivo durante i mesi estivi”, operava “in contrasto con quanto previsto dal disciplinare d’uso, in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative e sanitarie”.
Ancora più allarmante, come sottolinea il Prefetto, è che “tale situazione di conclamata illegalità […] è risultata non solo nota ma anche avallata dagli organi di vertice dell’amministrazione”, che avrebbero addirittura sollecitato l’organismo di liquidazione della società comunale per “salvaguardare gli interessi economici e privatistici della stessa famiglia criminale”.
I beni confiscati alla mafia ad Aprilia
Oltre alle concessioni facili, pesa come un macigno la mancata valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità.
Si legge nella relazione:
“Il perdurante disinteresse dell’amministrazione comunale all’acquisizione di tali beni” ha portato ad una immotivata assenza dalle conferenze indette nel 2023 dall’Agenzia nazionale per la destinazione dei beni sequestrati, comprese quelle relative a “un immobile confiscato ad un membro della sopracitata famiglia criminale”.
Un atteggiamento ribadito persino dopo l’arresto del sindaco, durante l’ultima riunione dell’ABNSC nel luglio 2024.
“Ciò ha impedito alla collettività apriliana di fruire di beni sottratti ai patrimoni illeciti”, ha affermato il Prefetto, “disconoscendone la valenza simbolica e, quindi, in spregio ai principi fondamentali che fondano l’azione di contrasto alla criminalità organizzata”.
Sul versante economico, la situazione non appare meno critica.
La relazione parla di “diffusa approssimazione” nella riscossione dei canoni concessori e delle entrate tributarie, aggravata dall’“insussistenza di un meccanismo di controllo esterno” e da “sacche di grave evasione”. Una condizione “ben nota ai vertici politici e burocratici”.
Nel complesso, i rilievi raccolti delineano “la sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti tra componenti dell’amministrazione locale ed esponenti della criminalità organizzata di tipo mafioso”, come affermato unanimemente anche dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, con la partecipazione dei Procuratori della Repubblica di Latina e Roma.
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