Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha respinto il ricorso di un cittadino contro il Comune di Ardea, stabilendo che l’amministrazione non era tenuta a rispondere alla sua richiesta.
La vicenda nasce da un permesso edilizio ottenuto dall’uomo nel 2003 per realizzare un “laboratorio artigianale ad uso falegnameria”. Questo permesso era stato annullato dal Comune di Ardea nel 2012, perché ritenuto irregolare.
Il cittadino ha poi chiesto nel 2024 al Comune di Ardea di annullare quel provvedimento. Sosteneva che fosse ingiusto, soprattutto perché nel frattempo – era il 2015 – gli era stato rilasciato un certificato di agibilità e il procedimento penale su quella vicenda era stato chiuso senza accuse.
Poiché il Comune di Ardea non ha risposto, il cittadino ha fatto ricorso al TAR. Ha chiesto ai giudicianche un risarcimento di 600.000 euro per i danni subiti.
La sentenza del Tribunale
Il TAR ha però chiarito che il Comune di Ardea non era obbligato a rispondere alla richiesta del cittadino. La decisione di annullare o meno un proprio vecchio atto, infatti, è una scelta discrezionale dell’amministrazione e non può essere imposta da un privato.
Inoltre, ha ricordato che l’uomo aveva già fatto ricorso anni fa contro l’annullamento del permesso, ma quel procedimento era stato abbandonato (cioè “dichiarato perento”) nel 2023.
Il TAR ha poi precisato che l’azione di annullamento in autotutela non può essere sollecitata tramite un ricorso contro il silenzio dell’amministrazione.
Ha affermato il Tribunale:
“Il principio di perentorietà del termine di impugnazione dell’atto amministrativo deve essere rispettato”.
I giudici hanno sottolineato che la mancata impugnazione tempestiva dell’atto del 2012 da parte del cittadino non poteva essere elusa da una semplice richiesta di autotutela.
Per questi motivi, il TAR ha respinto il ricorso e ha stabilito che non c’è stato alcun comportamento illegittimo da parte del Comune.
È stata anche respinta la richiesta di risarcimento. Il Comune di Ardea si è pertanto dal pagamento dei 600mila euro , e l’uomo è stato condannato a pagare 1.500 euro di spese legali.
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